IL MISTERO. No, non è stata la nebbia la causa del disastro della Moby Prince: “Appare improbabile, alla luce delle dichiarazioni rese e del materiale raccolto, ricondurre le cause della tragedia alla presenza di nebbia”. È scritto nero su bianco nella seconda relazione – datata 25 maggio - della commissione d’inchiesta del Senato che deve fare luce su cosa davvero sia accaduto nel porto di Livorno quella maledetta notte del 10 aprile 1991. Ci fu una collisione tra il traghetto diretto a Olbia e la petroliera Agip Abruzzo. A bordo della Moby Prince morirono 140 persone. Tra loro 26 sardi, compreso il comandante Ugo Chessa. Il documenti licenziato dall’organo d’indagine del Senato, presieduto dal sardo Silvio Lai (Pd), ricostruisce una realtà diversa da quella emersa da processi e inchieste che in oltre 26 anni non hanno fatto luce dentro quella coltre di nebbia, questa sì esistente, ma generata da depistaggi e misteri, che ha avvolto quelle tragiche ore. “Le differenze emerse e il loro confronto con gli atti acquisiti”, si legge ancora nella relazione, “consentono di ipotizzare scenari differenti rispetto a quelli che sono stati definiti nel corso delle diverse fasi processuali e negli anni successivi”.
Nel documento approvato nei giorni scorsi al senato si legge che è “fondamentale appurare con precisione se al momento e nell’area dell’impatto si sia verificato il fenomeno della nebbia di avvezione e se tale fenomeno possa essere qualificato come causa o concausa della tragedia. E` necessario, a tale proposito, valutare con attenzione i riscontri meteo provenienti da piu` enti e contestualizzare con precisione area e orari in cui si e` verificato il fenomeno della nebbia” Da alcune comunicazioni radio, a cominciare da quella famosa frase lanciata dalla petroliera nei momenti successivi all’impatto:«Livorno ci vede, ci vede con gli occhi», appare difficilmente proponibile l’ipotesi di una riduzione della visibilità in tutta la rada di Livorno nelle ore della tragedia”. Agli atti e dalle testimonianze che hanno arricchito il quadro della tragedia nel corso degli anni, ci sono anche le comunicazioni da un aereo in atterraggio a Pisa che vede distintamente l’area del disastro pochissimo tempo dopo la collisione tra le due imbarcazioni. Come sarebbe stato possibile se, come emerso durante il processo, tutta l’area era coperta da una coltre simile a orzata che non rendeva possibile nemmeno l’avvistamento di un’imbarcazione a pochi metri? “Lo stesso «video D’Alesio», ripreso pochissimo tempo dopo la collisione da una telecamera amatoriale da un’abitazione che si affaccia lungo la rada”, proseguono ancora i commissari del Senato, “mostra un’immagine chiara della scena che rende dubbiosi riguardo l’ipotesi della nebbia. Su questo argomento la commissione ha avanzato precise domande agli auditi e in primo luogo agli ufficiali dell’Agip Abruzzo. Stante quanto premesso, sebbene non tutte convergenti, le ricostruzioni dei marittimi della petroliera sulla presenza di nebbia in rada consentono di ridimensionare sensibilmente, finanche ad escluderla, la rilevanza di tale fenomeno”.