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CAGLIARI. Cresce fino al 17,2 nel 2024 la percentuale di sardi che rinuncia alle cure, confermando per la Sardegna il drammatico primato tra le regioni italiane. È quanto emerge dai dati Bes Istat elaborati dal Centro studi della Cgil regionale: nel 2024 la speranza di vita alla nascita nell’Isola è più bassa della media nazionale: 82,8 contro 83,4.
"Un peggioramento – osserva il segretario della Cgil Sardegna Fausto Durante - che deve interrogarci sulle azioni intraprese e da intraprendere per invertire la rotta”.
Va persino peggio per la speranza di vita in buona salute: 55,8 il numero medio di anni che i sardi possono aspettarsi di vivere in buona salute a fronte di 58,1 della media italiana. “È un circolo vizioso – denuncia la Cgil – perché la sanità pubblica non garantisce sempre le cure, infatti la principale causa della rinuncia è legata alle liste d’attesa, e i redditi bassi disincentivano anche la mobilità verso altre regioni (7,1%, a fronte dell’8,6% nazionale e dell’11,3 del Mezzogiorno)”.
In sostanza: un sardo su sei rinuncia alle cure e tutti devono aspettarsi alla nascita di vivere in media in salute fino a circa 55 anni mentre l’aspettativa di vita, nell’Isola dei centenari, si ferma a una media inferiore a quella d’Italia. Val la pena ricordare che queste performance sarde si distinguono in negativo ma che nel Paese la sanità pubblica segna un costante e deciso peggioramento.
A questi dati si aggiungono i ritardi sulla spesa dei fondi del Pnrr destinati alla Missione Salute elaborati dalla Cgil nazionale: la Sardegna si posiziona al penultimo posto fra le regioni d’Italia nell’avvio dei cantieri sia per le Case della Comunità che per gli Ospedali di Comunità. Già nel precedente report, febbraio, dei 604 milioni di euro finanziati per realizzare 284 progetti, al 31 dicembre 2024 erano stati spesi appena il 6,5 per cento a fronte di una media nazionale già bassa del 18,1 per cento. “Questo ritardo – commenta il segretario Fausto Durante - evidenzia che, purtroppo, non si fa bene sul fronte nazionale ma che in Sardegna si riesce a fare persino peggio”.
Per quanto riguarda le Case della Comunità, secondo il nuovo report Cgil relativo ai dati aggiornati al 31 marzo, dei 94 milioni e mezzo di euro finanziati, ne sono stati spesi appena il 3,8% (contro una media nazionale del 12,4%). C’è da dire che la Sardegna vede un miglioramento del dato relativo al ritardo nell’avvio dei lavori che scende al 78% mentre era al 93,9% al 31 dicembre scorso ma resta tra le peggiori, seconda solo al Molise.
Per gli Ospedali di comunità invece, è stato speso il 4,2% dei 48 milioni finanziati (contro una media nazionale dell’11%). Nella precedente rilevazione la Sardegna era quarta tra le peggiori regioni per ritardi nell’avvio dei lavori (84,6%) mentre a marzo 2025 la percentuale scende al 62 % ma l’Isola arretra fino al secondo posto fra le peggiori.
“Tutti questi indicatori confermano ciò che quotidianamente vivono i cittadini e le cittadine in Sardegna sul fronte salute, una vera e propria emergenza che non può essere affrontata con questi ritardi – conclude il segretario della Cgil Sardegna - soprattutto quando si hanno a disposizione risorse aggiuntive come quelle del Pnrr che hanno proprio l’obiettivo di migliorare complessiva me il sistema sanitario regionale, un’opportunità che va colta senza ulteriori tentennamenti”.