LANUSEI. "Per 17 ore su Instagram era online un video realizzato da alcuni ragazzi all’esterno della casa, che bussano al cancello, facendo chiaramente il nome di uno di noi, imitando il suo accento, il suo modo di parlare, scimmiottandolo". A denunciarlo è Ogliastra InForma, un'associazione di volontariato che promuove attività e servizi per persone con disabilità intellettivo relazionale, che ha sede a Lanusei.
"Contro quei bulli, contro il modo in cui si sentono autorizzati a trattare una persona con disabilità, contro la loro arroganza e la schifosa voglia di rimarcare una superiorità che non hanno. Ma questo lo sanno già, e noi ne siamo certi; perché essere una persona con disabilità significa lottare ogni giorno contro il pregiudizio di troppi, e noi di bulli come loro ne abbiamo incontrato tanti nel nostro cammino. Di quelli che ci imitano, che si prendono gioco di noi, che in gruppo ridono sguaiatamente guardandoci e sentendosi così accettati, migliori in un mondo che dividono in prede e predatori, vittime e carnefici, deboli e forti. Ne incontriamo tanti ma credeteci, non sono neanche loro il vero problema; non sono i soli contro i quali puntiamo il dito".
L'associazione però punta il dito anche contro chi non è intervenuto quando ha visto il video sui social: "Quello che ci fa rabbrividire sono quelle diciassette ore, e tutte le persone che vedendo quel video non hanno detto assolutamente niente. I bulli l’hanno tolto dopo che noi abbiamo segnalato la questione, da vigliacchi solo quando qualcuno più grande di loro si è fatto avanti hanno subito eliminato tutto, ma purtroppo non sappiamo quante e quali persone, vedendolo, hanno scelto la strada dell’indifferenza".
"È grave aver realizzato quel video - dicono - averlo reso pubblico, ma lo è ancora di più che in 17 ore nessuno lo abbia ritenuto offensivo e abbia segnalato quella violenza. Che cosa rappresenta per voi quel cancello dove siete andati a bussare? Dopo diciassette ore di abilisimo, bullismo, violenza, silenzio, indifferenza e complicità noi non abbiamo più parole. Se non che siamo schifati dal modo in cui si è sputato su ciò che di più caro abbiamo: la porta della nostra autodeterminazione".