CAGLIARI. Malasanità causata da un piano criminale dettato dal profitto, burocrazia malata e disinteresse dello Stato per i suoi cittadini. Sono gli ingredienti di una vicenda al limite dell'assurdo che vede come protagonisti, loro malgrado, una vedova sarda e i suoi tre figli: costretti a combattere in tribunale, quello amministrativo, per far rispettare la sentenza di un altro tribunale, quello civile, che aveva riconosciuto loro un maxi risarcimento per la morte del loro marito e padre, ucciso dal sangue infetto che gli era stato iniettato durante un intervento. Solo che il ministero della Salute, sconfitto, non ha mai pagato. Ora è arrivata la nuova vittoria giudiziaria, al Tar della Sardegna. Sempre che lo Stato che si è fatto antagonista, non decida di presentare ricorso.
La drammatica vicenda inizia quando il signor S.F. si sottopone a Sassari a un intervento al cuore per l'installazione di un bypass. Non va tutto bene. Perché il sangue utilizzato durante l'operazione proviene da una delle partite che crearono lo scandalo che travolse Duilio Poggiolini: era infetto. E provoca un tumore al fegato nel paziente, che muore nel 2003.
Vedova e tre figli si rivolgono a un avvocato di Alghero. Vogliono chiarezza. E mentre la vicenda penale a livello nazionale naufraga con proscioglimenti vari, loro vanno avanti e non mollano. Il ministero della Salute, costituito in giudizio, propone solo un indennizzo standard. Loro non ci stanno. E vincono. Nel 2017 in primo grado e nel 2020 davanti alla Corte d'appello.
Si parla di cifre importanti. I giudici riconoscono un risarcimento di 280mila euro alla vedova e di 218mila euro per ciascuno dei tre figli. Dopo tanti anni una parte di giustizia è fatta. In apparenza, almeno.
Perché nessuno paga. Da Roma arrivano solo 70mila euro. L'indennizzo che era già stato rifiutato. Così la famiglia decide di andare avanti, ancora, contro uno Stato patrigno. E attraverso l'avvocato Alessandra Ferrari vanno davanti al Tar, per chiedere che il ministero paghi il dovuto. Oggi la nuova vittoria. Il ministero, ha stabilito il tribunale amministrativo, dovrà pagare le somme stabilite dal giudice civile. Più gli interessi, le spese legali, gli onorari. Tutto.
Insomma: comunque la si guardi, i familiari del paziente morto hanno ragione. Ora resta da capire se il ministero insisterà, magari davanti al Consiglio di Stato, per non riconoscerla.