“Per noi familiari delle vittime del Moby Prince, questa Pasqua è un po' speciale, diversa dalle solite, una Pasqua in cui aleggia una sorta di resurrezione della verità dopo anni di oblio”. Parole di speranza – e rabbia - affidate a facebook da Luchino Chessa, figlio del comandante Ugo, che da anni combatte per far emergere la verità sulla strage della Moby Prince.
Da quel 10 aprile 1991, quando nel porto di Livorno scoppiò l'inferno provocando la morte dei 140 a bordo del traghetto diretto in Sardegna, Chessa si batte per dare un nome ai responsabili. Quelli veri, rimasti coperti da insabbiamenti e deviazioni processuali adesso al vaglio di una commissione d'inchiesta parlamentare. Ai lavori di quest'organo si riferisce il figlio del comandante: potrebbero portare un po' di luce sul porto delle nebbie. “Spero”, scrive ancora Chessa, “che i tantissimi responsabili di questa strage e di tutte le azioni che hanno aiutato a non far emergere la verità, oggi pensino bene a quello che hanno fatto e comincino a pentirsi in attesa che arrivi il giorno del giudizio, non quello divino, ma quello umano”.
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