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Rubava energia elettrica sostenendo di essere povero, la Cassazione: "Il furto è sempre reato"

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IL CASO. Rubare l’energia elettrica perché si è in difficoltà economiche è reato. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione invocata da un imputato condannato in appello per furto di energia elettrica.

Protagonista della vicenda un uomo che aveva giustificato la propria condotta davanti a Carabinieri e personale dell’Enel con lo stato di necessità. Il soggetto sosteneva di versare in gravi condizioni di difficoltà economica, derivanti dal suo stato di disoccupato e padre di numerosi figli.

Condannato sia in primo grado che in appello, l’imputato si era rivolto alla Corte di Cassazione per richiedere l’annullamento della sentenza di secondo grado. Nel suo ricorso evidenziava come i giudici di merito avessero violato l’articolo 54 del codice penale relativo allo stato di necessità.

In base a questa norma non è punibile chi commette un fatto in quanto costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona. Il tutto purché si tratti di un pericolo non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, e sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo stesso.

La Suprema Corte, tuttavia, ha ritenuto infondate le argomentazioni proposte, rigettando il ricorso. In relazione allo stato di necessità, infatti, gli Ermellini hanno ribadito quanto già evidenziato dalla Corte d’appello. In caso di indigenza, secondo la Corte, “è pur sempre possibile vedersi garantiti i bisogni primari da parte degli enti preposti all’assistenza sociale”. Nel caso in esame, invece, l’imputato non aveva “neppure allegato di essersi inutilmente rivolto ai detti istituti”.

In altri termini, esistono degli Enti preposti al sostegno di chi versa in condizioni di difficoltà economiche. Un situazione che, di per sé, non può essere invocata a giustificazione di un reato.