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BARESSA. Con una percentuale superiore all'80% di pazienti negativi, Baressa è il primo comune HCV free grazie allo screening per l’epatite di tipo C. Ad affermarlo l’epatologo del Policlinico Casula, Luchino Chessa “il Comune sardo è il primo in Italia a essere HCV free”.
Questo risultato è stato ottenuto grazie allo screening portato avanti nelle giornate di mercoledì 23 e ieri 24 luglio dai medici e infermieri della struttura di Malattie del Fegato dell’Aou di Cagliari e del Dipartimento di Scienze Mediche e Sanità Pubblica dell’università di Cagliari con la collaborazione degli specializzandi Medicina Interna dell’Università degli Studi di Cagliari.
Infatti su 453 abitanti residenti “sono stati sottoposti a screening 366 pazienti, vale a dire l’80,8%. Di questi solo uno è risultato positivo, con una percentuale molto bassa […] Ulteriori analisi hanno poi messo in evidenza l’assenza del virus.” Commenta Luchino Chessa. Lo stesso direttore continua dicendo che grazie al lavoro di sensibilizzazione portato avanti dal comune di Baressa è stato possibile ottenere un’adesione quasi totale da parte dei cittadini del comune.
Per questo nella giornata di domani sabato 26 luglio alle 19 per celebrare l’importante traguardo, alla presenza del sindaco di Baressa Mauro Cau, verrà consegnata la targa che certifica l’assenza del virus HCV nella popolazione. Il coinvolgimento delle amministrazioni locali, commenta il professor Chessa «aumenta in modo sostanziale la risposta della popolazione. Solo in questo modo possiamo certificare zone HCV free in un contesto locale. Fare il test e, allo stesso tempo, counseling sui fattori di rischio sono importanti azioni preventive per il futuro, in previsione di un mondo senza epatite C».
L’iniziativa pertanto, conclude Luchino Chessa, «dimostra ancora una volta l’impegno della struttura semplice di Malattie del Fegato dell’Aou di Cagliari nel contribuire al raggiungimento dell’obiettivo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che prevede di ridurre del 80% il tasso di infezione da epatite C e del 65% la mortalità dovuta al virus entro il 2030».