In Sardegna

Diritto all'aborto, in Sardegna aumentano gli obiettori di coscienza

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CAGLIARI. Mentre la Francia inserisce il diritto all’aborto nella Costituzione, in Italia l’interruzione volontaria della gravidanza è ancora una corsa a ostacoli e anche se la Sardegna, il territorio di Cagliari in particolare, anche se si registra una situazione meno critica rispetto al resto d’Italia. Lo fa sapere la Camera del Lavoro Metropolitana Cgil di Cagliari che ha deciso di promuovere una riflessione sul tema proprio nella Giornata internazionale dei diritti delle donne: l’appuntamento è l’8 marzo, alle 17, nel salone del sindacato in viale Monastir 15.

Oltre alla segretaria generale della Cgil Cagliari Simona Fanzecco e alla componente di segreteria Viviana Figus, interverranno: l’onorevole Amalia Schirru, il ginecologo Marco Pistis, l’avvocata Rosanna Mura, la responsabile del Centro Donna Cgil Cagliari Diletta Mureddu e Susanna Pisano, esperta di politiche di genere.

La corsa a ostacoli ha più di una ragione ma è evidente che - se a 46 anni dall’approvazione della legge 194 emerge ancora più di una difficoltà nel percorso che porta alla libera scelta in fatto di Ivg, (interruzione volontaria di gravidanza) - qualcosa non va.

La situazione in Sardegna e nel territorio di Cagliari è caratterizzata da luci e ombre: l’Isola non è all’anno zero in fatto di applicazione della 194, mentre si distingue in negativo per qualche dato, ad esempio la tipologia di interventi medici utilizzati e un trend in leggera crescita degli obiettori.

Secondo i dati Istat e ministero della Salute elaborati dal Centro studi Cgil Sardegna, la quota di ginecologi obiettori, nel 2021, in Sardegna è più bassa rispetto alla media nazionale (59,2% contro il 63,4% nel resto d’Italia) mentre è più elevato il numero degli anestesisti obiettori (il 49,7% a fronte del 40,5% nazionale). L’obiezione di coscienza riguarda meno il personale non medico: in questo caso il dato sardo (36,3%) è superiore di tre punti percentuali rispetto a quello italiano.

C’è un punto però che merita una certa attenzione: mentre il trend italiano, rispetto al 2020, è in contrazione, in Sardegna la percentuale degli obiettori è in crescita: nel 2021 si registra +3,6 tra i ginecologi e +0,6% tra il personale non medico. Il dato degli anestesisti è stabile dal 2020 al 2021 ma registra un +9% dal 2019.

Per quanto riguarda le strutture dove si pratica l’Ivg, nel 2022 sono in Sardegna il 63,6% fra ospedali e case di cura autorizzate con reparto di ostretricia, una media superiore a quella nazionale che si attesta al 59,6%.

L’aborto farmacologico, il meno invasivo, nell’Isola è praticato solo nel 36,2% dei casi, mentre la percentuale in Italia sale al 49,2. In questo quadro si distingue la città metropolitana di Cagliari, che si allinea al dato nazionale. Il numero di raschiamenti è sensibilmente più alto nell’Isola: 21% a fronte dell’appena 7,2% della media nazionale. Una percentuale decisamente negativa se si pensa che si tratta di una tecnica associata a un maggior rischio di complicanze per la donna e che l’Istituto superiore di Sanità ha avviato un progetto per promuovere tecniche meno invasive nelle Regioni con un ricorso al raschiamento superiore al 15%.

In generale, come avviene nel resto del Paese, il numero di interruzioni volontarie di gravidanza diminuisce costantemente: nel 2022 in Sardegna sono state 1288 (il 28,6% ha interessato il cagliaritano, il 35,8% la provincia di Sassari), mentre erano 1382 nel 2021 (numeri ben lontani dalle quasi 5000 Ivg del 1982). In Sardegna, le donne che vi ricorrono sono nella quasi totalità maggiorenni e adulte (nel 45,4% dei casi hanno tra i 30 e i 39 anni e nel 34,8% tra i 20 e i 29 anni – Istat 2022). Sono prevalentemente diplomate (44,9%) o con la licenza media (38%) e, in oltre 7 casi su 10, sono nubili (dato più elevato della media nazionale che si attesta al 59,7%).