In Sardegna

Arbitro donna (e giovane) su un campo di giovanissimi in Sardegna: piovono insulti

ARBITRA

CAGLIARI. Arbitro. Donna. Giovane. Insultata, derisa. Durante una partita dei giovanissimi. Succede in Sardegna. Il racconto è di Claudio Chisu, giornalista gallurese. Che descrive ciò che succede sui campi di periferia, lontano dei riflettori. La descrizione degli improperi dagli spalti: in Sardegna, come dovunque. 

Ieri, in un campo di calcio della Sardegna, l’arbitro era lei. Avrà 17/18 anni. Piccola, giovanissima. Dirigeva una partita tra ragazzi di 13/14 anni. Non proprio la champions league, insomma. Ed era da sola: niente guardalinee, niente assistente d’area, niente Var. In queste partite è sempre così. Un mestiere difficile, e ingrato. Il pubblico di casa le ha detto di tutto. Di tutto. Specialmente le mamme dei ragazzi in campo. Le hanno urlato imbecille. Stupida. Incapace. Addormentata. L’hanno invitata ad andare a fare l’uncinetto. Le hanno gridato di non tornare. Lei, sorda a tutto, in mezzo al diluvio, ha continuato a fare il suo dovere e ha portato a termine il compito.
Ci vogliono due palle così per affrontare trecento persone sbavanti, strepitanti, spoglie di ogni civiltà residua.

Direte: magari ha espulso quattro giocatori ingiustamente e ha negato sei rigori chiari come il sole. No, la partita è filata liscia. E in ogni caso, bisogna avere le pigne in testa per insultare una ragazzina in quel modo. E allora, perché? Perché in Italia funziona così. Perché l’arbitro, in qualunque campo viene insultato a prescindere. Qualsiasi sia l’età e il sesso. E pensare che senza di questi giovanissimi arbitri, le partite non si potrebbero disputare! Qualche settimana fa, uno (18 anni circa) è stato scortato fuori dallo stadio.

La più fanatica di queste mamme ha insultato l’arbitro per tutta la partita, ma a un certo punto ha diretto i suoi improperi verso un’altra vittima: suo figlio. Questo ragazzo è attaccante e a un certo punto ha avuto l’occasione buona per segnare. È partito in contropiede verso la porta avversaria, il pubblico lo ha spinto nella sua corsa (dai! Corri, corri! Forza! Tira! Passa! Corri! Dai! Suuuuu! Eeeeh! Aaaah!). E la mamma più di tutti, e a voce più alta. Lo chiamava per nome. Cinque volte in cinque secondi, sempre più forte. E insomma, questo ragazzo sul più bello si è allungato la palla e il portiere lo ha fermato. Il pubblico si è disperato: Noooo! E via improperi e maledizioni.

La mamma tuona: Coglione!!!!

Ma niente di personale.

Il problema non sono gli arbitri, ne i ragazzi. Il problema sono i genitori. I genitori. Non tutti. Anzi. Ma alcuni andrebbero allontanati dal campo. Magari anche dalla Nazione.