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Scienza e tecnologia

Fusione nucleare: la costruzione di Iter, il reattore più grande del mondo

 

FRANCIA. Nella giornata del 1° luglio, alla presenza di numerose autorità degli stati membri dell'Unione Europea, tra cui il ministro italiano Gilberto Pichetto Fratin, si è svolta la cerimonia di completamento della costruzione dei magneti superconduttori del reattore sperimentale per la fusione nucleare Iter, attualmente in costruzione presso il CEA di Cadarache, il più grande centro in Europa di ricerca e sviluppo sull'energia nucleare che sorge a circa 70 km a nord-ovest di Marsiglia, (LINK). 

Dietro la sigla ITER (International Thermonuclear Experimental Reactor) si cela una delle più ambiziose scommesse nel settore della ricerca di fonti alternative di energia per il futuro. Questo reattore a fusione nucleare in fase di costruzione fa infatti parte di  "Fusion for Energy"  (LINK) il consorzio internazionale di cui fanno parte oggi Unione Europea, Cina, India, Giappone, Russia, Corea del Sud e Stati Uniti (fino al 2023 erano presenti anche Regno Unito e Svizzera) che si occupa della ricerca sulle tecnologie necessarie per la costruzione di centrali elettriche a fusione che siano sicure, sostenibili e pulite perché, a differenza delle attuali centrali nucleari a fissione, sono prive di scorie altamente radioattive o di lunga durata.

Se però l'uso della fusione nucleare per scopi militari è stata una grossa priorità per le grandi superpotenze, come Usa e Russia che hanno stanziato importanti investimenti pubblici in armamenti nonostante i trattati di non proliferazione  (LINK)  e hanno entrambe prodotto e stivato nei propri arsenali numerosi ordigni termonucleari di dimensioni e potenze ben più ridotte rispetto alla prima bomba H, quindi facilmente utilizzabili in casi di conflitto, dal punto di vista della ricerca per scopi civili, l'interesse e gli investimenti sembrano subire sorti ben diverse.  Sin dalla sua concezione  il progetto di costruzione dell'Iter è stato infatti afflitto da ritardi.  

L'idea, nata a metà degli anni '80 da un incontro tra Gorbachev e Reagan, come progetto di pace  in tempi di distensione tra le due superpotenze, venne esteso allo Euratom (che rappresentava gli stati europei) e ad altri membri. Negli anni '90, dopo una lunga  fase di progettazione, il progetto subì una lunga battuta d'arresto in attesa dell'individuazione del sito adatto in Francia.

Solo successivamente, dopo l'accordo firmato tra il 2006 e il 2007 per istituire un organismo internazionale a pieno titolo, è potuto ripartire seppure senza grandi sviluppi fino al 2016 prevedendo una prima fase di produzione di test del plasma di deuterio nel 2025.  Doveva trattarsi comunque solo di un breve test della macchina prima di un ulteriore assemblaggio di un sistema di scarico del calore  e di un'ulteriore schermatura.  Ma questo era solo  "un annuncio piuttosto simbolico, Iter si spera oggi possa raggiungere la piena corrente del plasma nel 2032, mentre per  la prima reazione Deuterio-Trizio si sarebbe dovuto attendere il 2035.", come afferma il direttore generale dell'Iter Pietro Barabaschi, succeduto a Bernard Bigot, ex direttore generale morto nell'ottobre 2022. 

Riuscire a dimostrare la fattibilità e l’utilità della fusione nucleare  a scopi civili e nella produzione di energia su scala industriale,  rappresenta infatti il "santo Gral" per tutti gli scienziati che nel mondo operano in questo ambito. Essi cercano da decenni di ricreare in laboratorio le condizioni che, sul Sole, causano la fusione degli atomi di idrogeno e la loro trasformazione in elio, generando enormi quantità di luce e calore. La potenza della fusione nucleare è cosa ben nota da tempo per la scienza e i tentativi di riprodurla sulla Terra vanno avanti fin dagli anni cinquanta quando vennero testate le prime bombe termonucleari all'idrogeno con effetti terrificanti. (Vedi approfondimento).   

Ma se gli scopi militari sono giunti rapidamente al traguardo la sfida a scopi civili è impresa difficile e molto ardua. La corsa agli armamenti ha portato decenni di ingenti investimenti in tecnologie per armi di dissuasione come il nucleare e negli ultimi anni dopo l'invasione Russa dell'Ucraina ha ripreso vigore. Le spese per armamenti, convenzionali e non, sono incrementate in molti paesi nel mondo. 

Se da un lato è anche relativamente semplice, economicamente e militarmente sostenibile, immagazzinare  una potenza di questo tipo in un'arma altamente distruttiva, anche con la speranza di non doverla mai utilizzare,  diventa invece molto difficile convincere i governi che sfruttare questa fonte di energia illimitata, comunque alternativa alle fonti fossili e nucleari tradizionali, sia altrettanto necessario per garantirsi un futuro. La fusione dell'idrogeno è fonte di energia  ecologicamente molto più sostenibile di qualsiasi fonte fossile. Ed è anche immensamente più produttiva di tante altre energie alternative come eolico e fotovoltaico se un impianto industriale dovesse riuscire a produrla secondo le previsioni.

Il problema principale oggi è che, anche in virtù dell'esperienza acquisita attraverso Iter sembra ancora difficile e costosissimo riuscire farlo in sicurezza. Per questo produrre energia di fusione a costi industriali sostenibili sembra un impresa titanica e quasi utopica. Uno dei fattori che contribuiscono a rendere incerta la stima e la pianificazione e hanno costretto tutti  a rivedere tempi e obiettivi è certamente data dalla mole di denaro finora investito (stimato in oltre 22 miliardi di dollari) e dall'incertezza dovuta alla notevole serie di ritardi accumulatisi nel tempo. Che si aggiungono agli incrementi esponenziali dei costi, soprattutto dopo il Covid, che vengono oggi stimati in ulteriori 5 miliardi  di dollari. 

Il tutto rappresenta un forte disincentivo anche per il settore industriale e le aziende private che avrebbero dovuto beneficiare della sperimentazione e investire nella produzione futura. 

Nonostante i tempi di reale e possibile messa in esercizio del reattore sperimentale sembrano allontanarsi ancora di più nel tempo, oggi comunque il progetto Iter dopo molti anni dal suo avvio e nonostante le numerose battute d'arresto, parrebbe riprendere un minimo di vigore almeno dal punto di vista dell'interesse  mediatico. 

Per gli sviluppi reali e per capire quale sarà la sorte reale del progetto dovremmo attendere ancora e soprattutto verificare se vi sarà il necessario interesse e l'impegno, da parte dei governi degli Stati membri di "fusion for Energy" a sostenerne ancora e a lungo gli ingenti costi che si stima dovrà avere.  

   

APPROFONDIMENTO:

 

Il test della 1° bomba H , tratto dal film: "TRINITY AND BEYOND The Atomic Bomb Movie" (http://www.atomcentral.com/trinity.html)

Il dipartimento per la Difesa americana dopo il  Progetto Manhattan coordinato dal fisico Robert Oppenheimer, per la costruzione della prima bomba atomica varò la sperimentazione della fusione termonucleare nell'intento di creare una "super bomba" all'idrogeno dalle spaventose caratteristiche, progettata secondo un funzionamento che è noto come schema di Teller-Ulam, (dal nome dei suoi due ideatori). Una bomba H poteva avere una potenza virtualmente illimitata e ben superiore a quella delle bombe atomiche a fissione.

La prima bomba all’idrogeno statunitense venne testata il 1° novembre del 1952, era un oggetto enorme che pesava 82 tonnellate e occupava moltissimo spazio perché il deuterio (l’isotopo dell’idrogeno usato come combustibile della fusione) doveva essere mantenuto in forma liquida da un gigantesco impianto di refrigerazione.

Aveva il nome in codice Ivy Mike ed era 500 volte più potente di quelle che pochi anni prima erano state sganciate sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki e che posero fine alla Seconda guerra mondiale. Il test eliminò dalla carta geografica Elugelab, l’isoletta disabitata dell’atollo di Enewetak (parte delle Isole Marshall, nell’oceano Pacifico) su cui era stato condotto e diede avvio a una nuova e più pericolosa fase della Guerra fredda, aprendo alla possibilità che un conflitto nucleare avrebbe davvero potuto significare l’estinzione dell’umanità. Basti pensare che il test sprigionò  un’energia di  oltre 10 megatoni, 500 volte quella della bomba sganciata su Nagasaki in Giappone qualche anno prima (1 megatone è pari all’energia sviluppata dallo scoppio di un milione di tonnellate di tritolo).

L’esplosione cancellò dalla carta geografica l’isola di Elugelab e cambiò la conformazione delle isole di fianco: creando un cratere di 1.900 metri di diametro di 50 metri di profondità. L’enorme fungo atomico arrivò a 41 chilometri di altezza e a 161 chilometri di diametro. La vegetazione di tutte le isole dell’atollo fu completamente rasa al suolo. 

Negli arsenali militari di oggi, questo tipo di ordigni in genere non ha le caratteristiche di immensa potenza che aveva negli anni cinquanta e sessanta ma la tecnologia termonucleare è utilizzata anche per armi di potenza più ridotta, che rappresentano la grande maggioranza delle testate nucleari attuali.

  

  

Arnaldo Pontis
06 Luglio 2024

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