CAGLIARI. "Ieri, a quasi un anno esatto dal giorno in cui sono stato assolto da un’altra accusa ingiusta, sono venuto a sapere per la prima volta di essere stato indagato per una nuova vicenda. Si tratta, dell’accusa di bancarotta fraudolenta per il concordato giudiziale della società NIE, editrice nel passato del quotidiano l’Unità: inizia così il lungo post col quale Renato Soru commenta l'inchiesta per bancarotta aperta a suo carico - con altri undici - dalla Procura di Roma per il crack dello storico quotidiano fondato da Antonio Gramsci (QUI LA NOTIZIA). Il titolo è: "Gli esami non finiscono mai". L'ex presidente della Regione prova a spiegare perché, nelle operazioni societarie, lui non può essere accusato di alcunché, e bolla le accuse come "irragionevoli".
Ecco il testo integrale della replica dell'europarlamentare del Pd: "Come molti di voi probabilmente ricordano, nel 2008, in un momento di gravissima difficoltà del giornale, decisi di impegnarmi finanziariamente in un piano di salvataggio dello storico quotidiano, in stretta condivisione con il Partito Democratico.
Ho sacrificato ingenti risorse finanziarie personali, contribuendo a salvare il giornale e continuando a farlo per alcuni anni.
In tutto il periodo non ho mai assunto alcun ruolo operativo di gestione o di responsabilità amministrativa.
Nella comunicazione di chiusura indagine, riguardante anche altre undici persone che negli anni hanno partecipato l’amministrazione, vengo accusato per due fatti del tutto irragionevoli:
1) ho venduto alla società che gestiva il giornale NIE il 35% circa della società proprietaria della testata (NSEF), per 3 milioni di euro, secondo una perizia fatta da un noto esperto dell'Università Bocconi.
L’accusa sostiene che non c’era una motivazione economica poiché NIE aveva già il 65 pct della testata e quindi sarebbe stato inutile arrivare al 100 pct. Quindi l’operazione sarebbe stata realizzata, secondo l’accusa, per mia convenienza personale, e cioè costituirmi un credito da parte di NIE, di tre milioni di euro in mio favore.
In realtà, non sarà difficile notare che io ho ceduto gratuitamente quella partecipazione, senza incassare niente e rinunciando al credito. Altro che vantaggio personale.
Vi era una motivazione economica chiara: portare in capo a NIE il 100 pct della testata, rafforzando il patrimonio della società, oltre a poter procedere alla fusione tra società operativa e società proprietaria della testata al fine di semplificare la gestione e risparmiare costi inutili.
2) la seconda accusa è legata al fatto che la società che nel 2014 ha chiesto al Tribunale di Roma la possibilità di procedere al concordato in bonis, a seguito delle difficoltà dovute alla diminuzione delle vendite e della perdita di altri ricavi, non sarebbe stata gestita in modo ottimale non avendo provveduto a sufficienza al taglio dei costi.
Di questo sarebbero responsabili gli amministratori, ma anche io con loro poiché essi sarebbero stati ”istigati” da me in qualità di azionista di controllo.
In realtà io non sono mai stato in CDA e non ho mai svolto alcun ruolo. Nel 2008, controllando il capitale della società, avevo scelto gli Amministratori. Tuttavia, come sarà facile appurare, io ho perso il controllo già nel 2012 con l’arrivo del nuovo azionista Mian, poi nel 2013 è arrivato un ulteriore azionista di controllo. Entrambi con importanti disponibilità finanziarie hanno gestito e finanziato la società con ulteriori consistenti aumenti di capitale. All’epoca dei fatti contestati la mia partecipazione era scesa sotto il 5 pct. E, pertanto, diversamente da quanto sostiene l’accusa, senza alcuna possibilità di poter incidere nelle decisioni di gestione della società".