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CAGLIARI. La notizia del suicidio di Sandro Arzu, latitante di Arzana, fa discutere. Era stato rintracciato a Cagliari a fine maggio, arrestato per l'omicidio di Beniamino Marongiu. Da allora si trovava a Uta e stamattina è si è suicidato. Secondo quanto rivelato da "La nuova Sardegna", avrebbe lasciato una lettera nella quale si scusava con la famiglia. Ora a esprimersi è Irene Testa, garante dei diritti dei detenuti nell'Isola.
"Si deve porre fine a questa "flagranza criminale" che porta alla morte anziché alla riabilitazione. Il carcere non può essere un luogo di morte ma di recupero", dichiara Testa. "Anche pochi giorni fa nel carcere di Uta ci sono stati due tentati suicidi, salvati in estremis. Ogni giorno assistiamo alle denunce della polizia penitenziaria che si ritrova a spegnere incendi e a salvare vite, mentre la politica si volta dall'altra parte".
Testa recentemente ha raccontato il suo lavoro in una lunga intervista a YouTalk, parlando anche della proposta di legge Zuncheddu. E oggi, di fronte a questo ennesimo suicidio aggiunge: "Lo Stato non può mantenere 62mila persone in branda costrette all'ozio forzato. Non serve la branda ma la riabilitazione. Il lavoro, il trattamento. Più cure e non più pena. Si continua a morire col cappio al collo. È una strage che sembra non avere fine. Un numero così elevato di suicidi, 25 volte maggiore rispetto all'esterno è un campanello dell’allarme che indica che il sistema penitenziario è in una condizione di emergenza. A togliersi la vita sono anche gli agenti di polizia penitenziaria. Fino a quando si pensa di poter contenere il malessere all'interno degli istituti nascondendo i problemi".