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"Mega centrale eolica al largo dell'Isola di San Pietro": il Grig chiede provvedimento di incompatibilità ambientale

carloforte-stea

CAGLIARI. L’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG) è intervenuta con uno specifico atto di “osservazioni” nel procedimento di valutazione di impatto ambientale relativo al progetto di centrale eolica flottante nel Mar di Sardegna sud occidentale, proposto dalla Ichnusa Wind Power s.r.l. al largo dell’Isola di San Pietro e del Sulcis.

Coinvolti il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, il Ministero della Cultura, la Regione autonoma della Sardegna, l’I.S.P.R.A., i Comuni di Carloforte, Portoscuso, Gonnesa, Carbonia, Iglesias, Villamassargia, Vallermosa, Serramanna, Villasor, Musei, Siliqua, Decimoputzu, Nuraminis.

Il progetto prevede la realizzazione di una centrale eolica off shore, con 42 “torri eoliche” altre 265 metri, su una superficie marina di 273 ettari, a circa 35 chilometri (circa 19 miglia marine) dalla costa dell’Isola di San Pietro e del Sulcis (Sardegna sud-occidentale). La potenza prevista è di 12 MW per ciascuna “torre eolica flottante” per complessivi 504 MW, mentre "l’impianto eolico sarà formato da due sottoparchi costituiti da 21 turbine ciascuno.

La distanza geometrica minima tra le singole turbine è 1800 metri". Le “torri” eoliche saranno galleggianti, e "costituiscono un innovativo sviluppo tecnologico del settore eolico che permette di realizzare parchi eolici offshore su fondali profondi" (Floating Offshore Wind Farm – FOWF). La durata prevista della centrale eolica sarebbe di 30 anni e il cavidotto di collegamento dovrebbe approdare sulla terraferma a Portoscuso, poi un nuovo elettrodotto e la sostituzione dell’esistente elettrodotto aereo a 220 kV “Sulcis-Villasor” attraverso la costruzione di un nuovo elettrodotto a 380 kV. Nel 2019 la società energetica era nata con un capitale sociale minimalista, fra i suoi soci il progettista ing. Luigi Severini, poi, dal 2022, “Ichnusa Wind Power è un progetto che fa capo ad una joint venture tra Copenhagen Infrastructure Partners e Green IT, a sua volta joint venture tra Eni Plenitude (51%) e Cassa Depositi e Prestiti (49%)”, quindi società in mano pubblica, quindi lo Stato.

Il GrIG era già intervenuto con specifico atto di opposizione (28 gennaio 2021), avverso il rilascio della richiesta concessione demaniale marittima trentennale in assenza di qualsiasi atto autorizzativo e la Capitaneria di Porto di Cagliari – Sezione Demanio aveva accolto l’istanza e comunicato (nota prot. n. 16676 del 19 aprile 2021) l’avvenuta sospensione della procedura relativa al rilascio della concessione demaniale marittima richiesta di un’ampia area demaniale, di mare territoriale e d’interesse nazionale al largo del Sulcis per realizzarvi una centrale eolica off shore. In seguito, il progetto è stato presentato al Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare per la fase di scoping (verifica preliminare), che precede la predisposizione dello studio di impatto ambientale finalizzato alla procedura di valutazione d’impatto ambientale (V.I.A.) (qui la documentazione presentata).

Ora la procedura di valutazione di impatto ambientale è in corso. A parte la visibilità dalle coste dell’Isola di San Pietro (19 miglia marine non garantiscono certo la sparizione dall’orizzonte di “torri” eoliche alte centinaia di metri dall’acqua), i principali elementi di pericolo per l’ambiente e la fauna riguardano la tutt’altro che verificata interferenza con le rotte migratorie dell’avifauna selvatica (con particolare riferimento alla colonia di Falco della Regina nidificante sull’Isola di San Pietro) e della fauna marina, in particolare del Tonno rosso (Thunnus thynnus), autentico simbolo identitario della comunità carlofortina.

Gravi rischi, quindi, in palese violazione del principio di precauzioneche deve informare le azioni e i provvedimenti delle pubbliche amministrazioni in materia ambientale, come esplicitamente previsto dagli artt. 191 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE, versione consolidata) e 3 ter del decreto legislativo n. 152/2006 e s.m.i.), mentre nel progetto in argomento le scelte azzardate ai fini di una corretta salvaguardia ambientale e della biodiversità appaiono fin troppo presenti. Non risultano chiari, poi, gli effetti diretti e indiretti sulla navigazione, sulla pesca e in caso di incidenti (caduta rotori, caduta aerogeneratori, ecc.). Nemmeno risultano adeguatamente considerate le interferenze con le bonifiche dei siti inquinati in corso e previste nell’area S.I.N. del Sulcis, mentre i nuovi elettrodotti interessano nei rispettivi tracciati la fascia di rispetto estesa tre chilometri dal limite delle zone tutelate con vincolo culturale e/o con vincolo paesaggistico (decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.), posta dall’art. 6 del decreto-legge n. 50/2022, convertito con modificazioni e integrazioni nella legge n. 91/2022, in attesa della prevista individuazione con legge regionale delle aree non idonee all’installazione degli impianti di produzione energetica da fonte rinnovabile, ma già reperite con il recente D.M. Ambiente 21 giugno 2024 (Disciplina per l’individuazione di superfici e aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili). Il GrIG, pertanto, ha chiesto la declaratoria di non compatibilità ambientale del progetto in esame. La speculazione energetica. Il ricorso all’energia prodotta da fonti rinnovabili è fondamentale per il contrasto ai cambiamenti climatici, tuttavia non versiamo il cervello all’ammasso dell’ideologia dell’ambientalmente corretto che scivola troppo spesso nell’oggettivo favore verso un’ipocrita speculazione energetica, che danneggia ambiente e soldi dei cittadini.

 

Cosa possiamo fare? "Ribadiamo ancora una volta la nostra proposta", spiega il Grig, "dopo aver quantificato il quantitativo di energia elettrica realmente necessario a livello nazionale, sarebbe cosa ben diversa se fosse lo Stato a pianificare in base ai reali fabbisogni energetici le aree a mare e a terra dove installare gli impianti eolici e fotovoltaici e, dopo coinvolgimento di Regioni ed Enti locali e svolgimento delle procedure di valutazione ambientale strategica (V.A.S.), mettesse a bando di gara i siti al migliore offerente per realizzazione, gestione e rimozione al termine del ciclo vitale degli impianti di produzione energetica. In realtà, la prima cosa necessaria, a breve termine, sarebbe una moratoria nazionale (non regionale, già dichiarata costituzionalmente illegittima con sentenza Corte cost. n. 27/2023), una sospensione di qualsiasi autorizzazione per nuovi impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili. In sede di Conferenza permanente Stato – Regioni e Province autonome può esser discussa e approvata una proposta di moratoria nazionale così da evitare scempi ambientali e finanziari. Nessun cittadino che voglia difendere il proprio ambiente e il proprio territorio, salvaguardando contemporaneamente il proprio portafoglio, può lavarsene le mani".

 

Redazione
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15 Luglio 2024

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