CAGLIARI. Il pronto soccorso del Santissima Trinità riaperto dal 6 giugno. Il Binaghi che dal 3 giugno ha chiuso l'accettazione per i pazienti Covid: nell'ospedale di via Is Guadazzonis sono rimasti solo 43 pazienti, quatto dei quali in terapia intensiva (su cinque totali in Sardegna). Sono novità dell'ultima settimana che dimostrano il ritorno alla normalità della sanità cagliaritana dopo due anni di pressione causata dal virus. Uno stravolgimento devastante che ha causato migliaia di vittime, in Sardegna, connesse direttamente al contagio ma anche causate dalla mancanza di risposte da parte del sistema.
Lo stop ai ricoveri al Binaghi ha un'altra faccia. Il paziente che risulta positivo, anche se non si presenta in ospedale per malessere legato all'eventuale contagio, dovrà essere preso in carico dalla struttura nella quale si trova. Un esempio: femore rotto, corsa al Brotzu e tampone positivo significa che sarà quello l'ospedale nel quale sarà ricoverato. In un reparto dedicato al Covid, come previsto da una delibera della giunta regionale che stabilisce quote di posti letto destinate ai positivi in ogni struttura.
Il timore, adesso, lasciato intendere a mezza voce ma senza nessuna presa di posizione pubblica contro l'assessorato alla Sanità, è che tutte le strutture si saturino di positivo. Per due ragioni. La prima: la variante attualmente in circolazione, benché molto meno pericolosa, è altamente contagiosa. E per un ospedale un positivo va isolato. Con tutte le conseguenze del caso, se i numeri salgono.
Seconda ragione: per l'ingresso dei pazienti in reparto la Regione ha sdoganato il test antigenici, per la dimostrazione di negatività. Un tampone, quello rapido, che potrebbe non intercettare le nuove varianti. Per questo negli ospedali si continuano a usare i molecolari, a dispetto del dettato di Villa Devoto: nessuno vuole più focolai di Covid dentro i reparti pieni di pazienti deboli.