CAGLIARI. Per tutti, a Cagliari, è il capannone Nervi. Ma il nome deriva da un falso storico, perché quella struttura lungo il canale di San Bartolomeo, che veniva utilizzata nel ciclo di produzione del sale di Molentargius, non è stata disegnata dall'architetto al quale viene attribuito. Una questione di poco conto? Pare proprio di sì.
Ma in Municipio è diventata un cavallo di battaglia del consigliere comunale dell'Udc Antonello Angioni, che in aula è arrivato a dire: "Gli esperti mi dicono che se un'amministrazione non sa chiamare le cose con il loro nome, figuriamoci cosa riesce a combinare". E ha aggiunto: "Ho l'impressione che la famiglia Nervi sia pronta a fare una diffida per impedire l'uso improprio del nome". Una frase che sembrava significare: la diffida sta per arrivare e io lo so.
Ma che succede in Comune? Angioni aveva presentato una mozione per fare in modo che in documenti ufficiali e cartellonistica quello che è per tutti il capannone Nervi venisse chiamato "Magazzino del sale", che gli sarebbe più proprio.
Il documento era stato discusso. La prima a prendere la parola era stata, dai banchi del Pd, Camilla Soru: la consigliera aveva sostenuto la tesi secondo la quale fosse inutile stravolgere il nome, visto che la comunità cagliaritana chiamava "Nervi" il capannone, lo riconosceva con questa definizione e, inoltre, anche l'area verde intorno era stata battezzata "Parco del Nervi".
Una posizione, quella della Soru, che è stata accolta da tutti i consiglieri. Il discorso sembrava caduto.
Ma ieri, in occasione del dibattito sul documento unico di programmazione, a Palazzo Bacaredda, Angioni ha ripreso al parola: "Vedo che si parla ancora di capannone Nervi, correggiamo, mi sa che la famiglia è prona a una diffida". Una crociata, quella dell'avvocato Udc, che sembra utilizzare anche armi dialettiche al di fuori dell'aula del Comune.