CAGLIARI. Ogni anno si contano 375 mila nuovi casi di tumore in Italia. E i numeri, purtroppo, sembrano destinati a crescere dopo la pandemia. Il motivo è chiaro: secondo gli oncologi, c’è da attendersi una sorta di "onda lunga" di casi di cancro in fase avanzata, favorita dai ritardi nelle diagnosi e nelle cure che si sono accumulati nei due anni in cui il mondo si è bloccato per il Covid. È l'“effetto pandemia”, così lo chiamano gli esperti, una delle più significative conseguenze indirette che il virus ha lasciato.
Un dato su tutti può far riflettere: solo nel 2020 sono saltati 2 milioni e mezzo di screening, 3500 invece le diagnosi di tumore alla mammella in meno. E i numeri del 2021 appena passato non sono migliori. Il lieve calo di tumori segnalato va letto mettendo quindi sull’altro piatto della bilancia il pesante rallentamento che c’è stato nella diagnosi, tra difficoltà di accesso alle terapie e crisi nella gestione delle attività chirurgiche programmate, rimaste a lungo sospese o posticipate, perché le terapie intensive erano e sono piene di pazienti Covid, con le strutture sature e al collasso.
Mai come oggi, nella giornata mondiale contro il cancro, queste preoccupazioni si fanno sentire tra gli oncologi, anche in Sardegna. "Già di base nell'Isola come in tutte le regioni del sud Italia c'è una scarsa propensione tra la popolazione al sottoporsi ai controlli - dice Daniele Farci, coordinatore regionale dell'Associazione italiana di Oncologia medica - ma a questo adesso si è aggiunta anche la paura dei pazienti ad accedere negli ospedali in pieno periodo di pandemia".
Il rischio è che il caos negli ospedali e i tagli legati all'emergenza Covid invertano la tendenza positiva delle terapie antitumorali degli anni precedenti. Da qui la richiesta dell'Aiom una programmazione, di investimenti per il personale e, in Sardegna, di un’accelerata per costruire una rete oncologica regionale.