CAGLIARI. Selenio, vanadio, arsenico, idrocarburi. Tutti veleni industriali, trovati all’interno dell’area protetta di Molentargius, rinominata nuova “Terra dei fuochi”. Protetta tra virgolette, come risulta dagli esiti delle analisi effettuate dall’Arpas nell’ambito della campagna di monitoraggio del suolo e della qualità dell’aria all’interno dei confini di Quartu. Sono stati certificati valori dieci volte superiori alla soglia massima, come nel caso dello zinco dove, a fronte di un massimo di 150 milligrammi per chilo, si registrano picchi di 2238 milligrammi. Non solo: anche i valori di piombo, cadmio, rame, selenio, arsenico e vanadio sono superiori tre, quattro volte al limite consentito.
L’agenzia regionale per la protezione dell’ambiente ha inoltrato al comune quartese i risultati dei quasi due mesi di monitoraggio del suolo e della qualità dell’aria di Molentargius. E gli esiti sono a dir poco preoccupanti: il quadro che emerge dai 15 campioni prelevati in 9 stazioni di rilevamento e a diversi livelli di profondità, mostra una pesante contaminazione generale, specie della parte superficiale del terreno indagato, nella località di Su Idanu.
Proprio nello strato denominato “top soil”, ovvero quello superficiale di circa 10 centimetri (sotto il materiale da cava usato per coprire la parte interessata dai roghi degli scorsi mesi estivi) “è stata riscontrata la presenza di sostanze come selenio, vanadio e idrocarburi a lunga catena che non possono escludere un contributo dovuto all’uomo” recitano le osservazioni dell’Arpas, che parlano di “contributo antropico più tipicamente industriale”.
I campionamenti effettuati sui pozzetti nella zona di fronte a via Turati sono chiari. Su sei rilevamenti sullo strato superficiale, tutti evidenziano una concentrazione di soglia di contaminazione ben superiore a quanto permesso.
Gli incendi di questa estate, con le nubi tossiche che hanno costretto il Comune a dichiarare lo stato di emergenza, con i cittadini quartesi costretti a tenere le finestre chiuse, a stendere all’interno degli appartamenti e a non consumare prodotti della zona interessata dai roghi.
Ad aumentare la contaminazione del suolo anche il rio Is Cungiaus, che con le sue acque contribuisce a portare detriti carichi di metalli pesanti. Tra le varie ipotesi dei tecnici dell’Arpas c’è anche quella che gli stessi metalli siano stati assorbiti dalle canne durante il loro ciclo vitale e che siano stati rilasciati durante i vari incendi.
Le analisi sul suolo profondo, con i campionamenti a oltre un metro sotto il materiale di copertura, mostrano invece una situazione migliore per quanto riguarda i metalli pesanti, ma non per gli idrocarburi. Per quanto riguarda la diossina, è stata riscontrata la presenza in due punti, dovuta “verosimilmente alla combustione generata dall’incendio”, conclude la nota dell’Arpas.