CAGLIARI. In Italia dal 1997, ha prodotto fatture false per cercare di dimostrare da avere un reddito sufficiente per ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno. La questura di Cagliari ha rigettato la domanda. E Il Tar ha dato ragione al ministero dell’Interno.
Le vicenda di un immigrato – uguale a numerose altre, tutte finite davanti ai giudici e tutte concluse nello steso modo – è ricostruita da una recente sentenza del Tar della Sardegna.
Troppo spesso la Questura “aveva riscontrato, in occasione di servizi di controllo del territorio, che numerosi cittadini stranieri, titolari di permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo, erano stati rinvenuti nell’esercizio di attività che (pur non essendo, in alcuni casi, illecite) non erano riconducibili ad esercizio di “attività propriamente imprenditoriale” (parcheggiatori abusivi, esercizio della prostituzione, mendicità, vendita di prodotti contraffatti, ecc...)”.
Troppe incongruenze. Così per concedere il permesso è stata imposta anche la consegna della dichiarazione dei redditi, accompagnata dalle pezze giustificative. Lo straniero, che dichiarava di svolgere il lavoro di ambulante con regolare licenza, ha portato delle fatture relative al 2018 e al 2019 che avrebbero dovuto dimostrare l’avvenuto acquisto della merce. Ma dai controlli è emerso che i documenti fiscali depositati non erano mai stati emessi dalle ditte alle quali erano state attribuite: la prima non aveva mai trattato la merce indicata, la seconda era uno studio di architettura.
Per il Tar la “falsità” delle fatture rende inattendibile la dichiarazione dei redditi presentata dal ricorrente e inammissibile la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno.
Lo straniero quindi deve confidare in un eventuale ricorso al Consiglio di Stato. Intanto il legale che per suo conto è si è presentato al tar verrà pagato dallo Stato, in virtù del gratuito patrocinio.