CAGLIARI. Tutti rinviati a giudizio i 43 antimilitaristi coinvolti nell'operazione Lince della Procura di Cagliari, perché hanno preso parte a manifestazioni contro le servitù e i poligoni in Sardegna. Per le contravvenzioni e i capi d'accusa meno gravi è intervenuto il non luogo a procedere, ma tutti gli altri sono stati confermati. Per cinque l'accusa più grave riguarda l'associazione eversiva e per gli altri 38 questo elemento rappresenta un'aggravante (le accuse vanno dalla resistenza, al danneggiamento fino alle lesioni).
Gli imputati sono difesi dagli avvocati Marcella Cabras, Giulia Lai, Mario Maffei, Carlo Monaldi e Alberta Zanda.
In attesa della decisione del Gup questa mattina all'esterno del tribunale si è svolto un sit-in di solidarietà.
"A Foras non è certo sorpresa da questa decisione, che conferma la natura politica di questa indagine e del processo che comincerà il 6 dicembre", si legge in un comunicato dell'associazione contro le servitù militari, "La contestazione del reato associativo, come se gli attivisti sardi fossero mafiosi e non militanti politici, indica come il vero obiettivo del processo non sia quello di far luce sui singoli reati che gli indagati avrebbero commesso, tutti da dimostrare peraltro. L'obiettivo è quello di mettere sotto accusa e disperdere un movimento che gode di una diffusa simpatia popolare e che negli ultimi anni aveva rialzato la testa. Proprio a partire dalla grande manifestazione di Capo Frasca di cui ricorreva ieri il settimo anniversario. I 45 indagati e indagate sono stati scelti per spaventare tutti i sardi e le sarde che da decenni lottano contro le basi militari. Questo processo vuole spaventare i sardi con una chiara minaccia: chi lotta contro le basi è è un terrorista eversore".
La prima udienza del processo è fissata per il 6 dicembre.