CAGLIARI. "Tacciare di scarsa o nessuna intelligenza chi afferma che il virus esiste e chiamare covidiota chi si attiene scrupolosamente a quelle poche, ma basilari regole che tendono a preservarci dal contagio (...) è un grave atto criminale, è un’incitazione a commettere reati contro l’umanità". Firmato: Rita Dedola, avvocato, già presidente dell'Ordine forense di Cagliari e attuale assessore agli Affari generali nella giunta comunale di Palazzo Bacaredda.
Una riflessione inviata alla redazione di YouTg, quella della Dedola, maturata dopo la pubblicazione dei contenuti negazionisti del Covid divulgati sul gruppo Facebook “Il mio cugino virus non esiste, io rimango intelligente”, nato e amministrato in Sardegna (qui la notizia). Un gruppo chiuso, in teoria: ma basta una click per richiedere l'accesso e si entra senza alcun filtro. Così, almeno, era fino a qualche giorno fa. E forse succede (o succedeva) proprio perché i promotori, in più occasioni, anche attraverso dirette video, hanno dichiarato di non volersi nascondere e, anzi, di voler raggiungere il più alto numero di destinatari possibile.
L'avvocato Dedola ha vissuto il virus suoi suoi polmoni. Come il marito Alberto Cocco Ortu, che ha trascorso lunghe e difficili settimane nel reparto di Terapia intensiva del Santissima Trinità. Ora che l'incubo per entrambi è alle spalle, lei ha accettato di pubblicare la sua riflessione e raccontare la sua esperienza. Ecco il suo pensiero.
Ho letto su fb di un gruppo negazionista sardo che si chiama “il mio cugino virus non esiste, io rimango intelligente”.
Ho avuto anche modo di ascoltare un video-messaggio in cui l’ideatore del gruppo, coadiuvato dalla moglie, afferma che ciò che in questi dieci mesi ha cambiato nel mondo le abitudini di tutti noi e il modo di rapportarsi fra le persone, sia una bubbola, una colossale truffa volta a limitare le nostre libertà fondamentali e che in realtà il virus che ha scatenato la pandemia, non esista.
Ciò che mi colpisce non è tanto che qualcuno lo affermi, le ragioni per cui ritiene di doverlo fare possono essere molteplici, quanto la circostanza che di giorno in giorno aumenta il numero di chi si iscrive al gruppo.
Mi chiedo come si faccia a credere che il virus non esista perché ciò, almeno per come viene posta la questione, equivale a negare l’esistenza di tante altre malattie, dall’ HIV al tumore.
E come molte di queste, è subdolo e maledettamente contagioso.
Si manifesta quando meno te lo aspetti, spesso con i sintomi più banali e quando cerchi di convincerti che sia solo una normale influenza, ti ha già portato via l’aria che respiri.
Lo neghi fino a quando non ti acchiappa e non prova a stritolarti nelle sue spire impedendoti di sentire odori e sapori, quando va bene, rendendoti impossibile il respiro, quando va male.
Tacciare di scarsa o nessuna intelligenza chi afferma che il virus esiste e chiamare covidiota chi si attiene scrupolosamente a quelle poche, ma basilari regole che tendono a preservarci dal contagio quali la distanza personale, il frequente lavaggio delle mani e un uso sensato della mascherina - che come sappiamo tutti si usa negli ospedali ed in tutti i luoghi in cui è possibile una contaminazione -, è un grave atto criminale, è un’incitazione a commettere reati contro l’umanità.
Se è vero che la libertà di ciascuno inizia dove finisce quella dell’altro, è anche vero che il contratto sociale è basato primariamente sulla tutela della salute di tutti, senza la quale siamo destinati a soccombere.
Personalmente, avendo provato sulla mia pelle cosa significa contrarre il virus e cosa comporta sapere che i tuoi affetti più cari hanno rischiato di perdere la vita e che altri ancora la hanno persa a causa del virus, non auspico certo che questi negazionisti si ammalino per sperimentarne l’esistenza, perché sarebbe davvero un cattiveria gratuita, ma invito loro a riflettere sul significato dell’aggettivo intelligente che tanto orgogliosamente si attribuiscono.
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