CAGLIARI. "Al momento, dato che il vaccino induce la produzione di anticorpi contro diverse regioni della proteina Spike, è improbabile che sia meno efficace, ma è assolutamente necessario tenere sotto controllo l’evoluzione genetica del virus per trovare pronte risposte ad eventuali, più che probabili, modifiche future". Goffredo Angioni, dal reparto Malattie infettive di Cagliari, è tra coloro che stanno osservando il fenomeno della mutazione del coronavirus e guarda con attenzione alla variante inglese che sta generando preoccupazione in tutto il mondo.
Spiega ciò che è successo e sposa la linea del "niente panico".

Ecco la sua analisi.
Il virus SARS CoV-2, individuato a Wuhan quasi un anno fa, è andato incontro a numerose mutazioni, fenomeno naturale nell’evoluzione virale. Qualche mese fa si è parlato della variante G614 (D614G) mutazione che si è verificata tra la porzione della proteina Spike che si lega alle cellule dell’ospite e quella che dà il via al processo di fusione virus-cellula ospite: si tratta di una posizione privilegiata per influenzare ambedue queste fasi preliminari del processo di infezione, un punto molto delicato nella patogenesi dell’infezione virale e nella successiva risposta del nostro sistema immunitario.
Questa variante, comparsa in qualche raro caso nello scorso gennaio in Europa, ha oramai soppiantato pressoché completamente il precursore D614, proprio perché “preferita” dal virus.
Quali le differenze? La variante D614G si è mostrata in grado di moltiplicarsi più rapidamente nel rinofaringe ed in trachea (quindi determinare maggiori quantità di virus con conseguente più semplice trasmissibilità) ma non a livello polmonare (quindi malattia di pari gravità).
Un importante problema poteva riguardare i vaccini, in quanto tutti sono stati testati sulla variante D614 e non sulla G614; per fortuna, gli studi eseguiti fino ad ora hanno mostrato protezione anche nei confronti della variante attualmente più diffusa.
Simile ma più complesso è il discorso che riguarda la variante “inglese” di cui si parla in questi giorni (lineage B.1.1.7). In questo caso le mutazioni sono numerose e si sono sviluppate ad un ritmo decisamente più rapido di quanto atteso; le più importanti riguardano ancora una volta le proteine Spike, cioè proprio i bersagli dei vaccini a m-RNA recentemente approvati.
Al momento, dato che il vaccino induce la produzione di anticorpi contro diverse regioni della proteina Spike, è improbabile che sia meno efficace, ma è assolutamente necessario tenere sotto controllo l’evoluzione genetica del virus per trovare pronte risposte ad eventuali, più che probabili, modifiche future.