CAGLIARI. In Sardegna a oggi, 5 settembre, ci sono 1018 positivi al coronavirus in isolamento domiciliare. Come se gli abitanti di un intero paese medio piccolo dell'Isola fossero costretti a non uscire di casa, a non lavorare. Perché devono attendere che il tampone che verrà effettuato dia l'esito sperato: negativo. Stando alle proiezioni fornite dalla protezione civile nei giorni scorsi, poco meno di un terzo sono turisti. Non sardi, che trascorrono in Sardegna il periodo di quarantena. E che, per la stragrande maggioranza, hanno rifiutato il passaggio attraverso il ponte navale speciale che governo e Regione si preparavano a mettere a disposizione. Avevano detto sì solo 65 su circa 400. E il piano straordinario è saltato. Ma chi paga? La risposta l'ha data al Sole 24 Ore l'assessore regionale alla Sanità Mario Nieddu: "Al momento, a dare sostegno a chi è in quarantena sono i comuni - argomenta Nieddu -, perché a farsi carico delle spese per la permanenza nella struttura obbligata per i positivi o i contatti sospetti dovrebbe essere il sistema sanitario nazionale o quello regionale di provenienza, ma non ci sono indicazioni chiare». Risultato? «I sindaci si rimboccano le maniche e si mettono a disposizione trovando strutture disponibili, anche attraverso seconde case, per ospitare chi non può lasciare l'isola".
Sindaci in prima linea, quindi. Sono loro che devono fare i conti con la ripresa del contagio in Sardegna . E per capire da cosa sia dipesa basta guardare i numeri. I casi accertati di coronavirus dall'inizio dell'epidemia sono 2486. Al primo luglio c'erano 1366. Allora c'erano solo 11 positivi in tutta l'Isola. Adesso ci sono 1120 contagiati in più: i casi di positività accertati in soli due mesi sono quindi quasi la metà dei totali dall'inizio dell'incubo.