CAGLIARI. La criminalità a Cagliari è organizzata. A Sant'Elia il capo della piazza di spaccio più importante era Efisio Mura: la sua banda aveva contatti anche con appartenenti alla cosca di ‘ndrangheta Barbaro-Papalia di Platì, operativa a Buccinasco (Milano). E a Guasila governava Umberto Sanna, trafficante sardo capace di garantire  contatti con elementi criminali albanesi e calabresi  in provincia di Bergamo, che si rivelava una delle principali linee di rifornimento di droga per la provincia di Cagliari e Nuoro. Il suo gruppo importava 7 chili di cocaina al mese. 

Gigantesca l'operazione, con 33 arresti, condotta questa mattina  dai carabinieri del Ros  in collaborazione con i Comandi provinciali  di Cagliari, Nuoro e Bergamo, lo Squadrone Eliportato Cacciatori “Sardegna”, il 9° Battaglione Sardegna e l’11° Nucleo Elicotteri di Elmas. 

Le indagini, condotte tra il 2018 e il 2019 con intercettazioni, appostamenti e pedinamenti,  hanno documentato l’operatività di due distinte associazioni criminali che muoveva chili e chili di droga tra Sardegna e Lombardia. 

LA BANDA DI SANT'ELIA. La prima banda era guidata da Mura. Aveva base a Sant'Elia e gestiva  una delle piazze di spaccio (in particolare cocaina ed eroina) più importanti del capoluogo, attraverso una rigida organizzazione gerarchica tra capi piazza, pusher e vedette in grado di produrre un volume di affari di un milione di euro al mese. Un gruppo violento, per i carabinieri, che "imponeva la propria presenza tra i palazzi popolari costringendo con la forza i residenti residenti a fornire le proprie abitazioni per far rifugiare i pusher in occasione dei controlli delle forze dell'ordine". Le leve del comando erano in mano anche i alcune donne,  compagne di esponenti di vertice del sodalizio, che  non solo condividevano le scelte criminali dei propri compagni ma fornivano un qualificato contributo nell’organizzazione dei turni di vedetta o nella spartizione dei proventi delle attività di spaccio.

Mura era stato arrestato ad aprile del 2019, ma dal carcere di Uta continuava a gestire gli affari grazie a una rete di cellulari introdotti dietro le sbarre. Suo zio era il garante dei collegamenti con gli 'ndranghetisti. 

 

Redazione

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07 Luglio 2020