CAGLIARI. Il buonsenso dei pastori salva industriali e cooperative dall'intervento dell'Antitrust. Ma gli stessi pastori, che per buonsenso - appunto - si sono seduti con i loro rappresentanti ai tavoli ministeriali nei quali si è raggiunto l'accordo che ha calmato gli animi surriscaldati nelle campagne della Sardegna, vengono definiti come autori di "episodi criminali o comunque al limite della legalità". E gli industriali? Loro manco volevano sedersi, lo dichiarano apertamente: lo hanno fatto solo perché convocati. E i risultati raggiunti "non rappresentano manifestazione della volontà delle imprese, quanto piuttosto il tentativo di addivenire – su imposizione della pubblica autorità – ad un accordo che ponesse fine alle note questioni di ordine pubblico". Questo dichiarano a verbale i Fratelli Maoddi e i Fratelli Pinna. Tutto nero su bianco, nel verdetto dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che aveva aperto un'inchiesta sulle presunte irregolarità nell'imposizione del prezzo del latte ovino in Sardegna. Risultato: per l'Antitrust sono venuti meno i presupposti per incolpare i componenti del Consorzio di tutela del pecorino romano, composto dai trasformatori. Insomma, siccome si è trovato un accordo dopo, non si indaga più su quanto è successo prima della rivolta dei pastori sardi.
La vicenda è nota. A febbraio le strade erano diventate fiumi bianchi, milioni di litri dopo la mungitura erano stati buttati da pastori esasperati, i blocchi stradali erano all'ordine del giorno. L'Isola era una polveriera perché un litro di latte veniva pagato 60 centesimi ai litro. Un prezzo ridicolo, al di sotto del costo di produzione, come certificato anche dall'Ismea (l’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare). Era nel pieno la campagna elettorale per le regionali. E in Sardegna arrivò il ministro dell'Interno Matteo Salvini. Promise che in poco tempo il prezzo del latte sarebbe arrivato a un euro al litro: era la somma al di sotto della quale i pastori avevano promesso di non fermarsi.
Ed è arrivata la prima convocazione a Roma, al Viminale, sede del ministero dell'Interno: c'era da affrontare un allarme per l'ordine pubblico, prima di tutto. Una riunione, due. Incontri vari. Poi l'accordo, il 9 marzo: pastori e trasformatori firmano il patto sulla progressione dei prezzi in acconto, con il conguaglio a fine campagna che dovrebbe raggiungere l'euro. Con il patto che mai più il prezzo del pecorino romano - principale prodotto di trasformazione del latte ovino sardo - sarebbe sceso sotto i sei euro al chilo e che successivamente si sarebbe intervenuti sulla filiera, per riformarla e evitare un tracollo del latte come quello registrato tra fine 2018 e inizio 2019. Intanto l'Antitrust aveva aperto l'istruttoria, per verificare se i trasformatori avessero, nella loro posizione dominante, drogato il mercato e se avessero posto in essere pratiche commerciali scorrette.
Ora le riunioni si sono diradate. E arriva la decisione dell'Autorità: si legge che "in data 23 aprile 2019, è pervenuta una nota a firma congiunta del Capo di Gabinetto del Ministero degli Interni e del Capo di Gabinetto del ministero delle Politiche agricole nella quale essi hanno evidenziato come l’intervento dei due Ministeri nella gestione della vertenza sul prezzo del latte ovi-caprino in Sardegna sia stato determinato dalla violenza delle proteste dei pastori, culminate in episodi criminali o comunque ai limiti della legalità". Gli industriali dichiarano di essere stati quasi costretti a sedersi a trattare.
"Ai fini della valutazione del caso", scrive l'Antitrust, "occorre, tuttavia, tener conto degli eventi che si sono verificati successivamente alla comunicazione di avvio del procedimento, e, in particolare, dell’intesa sui prezzi di cessione del latte crudo raggiunta presso la prefettura di Sassari nel marzo del 2019, che ha posto fine alla vertenza tra trasformatori e allevatori in Sardegna. Occorre evidenziare in proposito che, rispetto alle condotte contestate in sede di avvio e al periodo temporale oggetto di accertamento, i trasformatori sardi Parti del procedimento, dopo complesse trattative portate avanti al cd. Tavolo Sardegna, hanno aderito alle iniziative poste in essere a livello governativo da parte del Ministero degli Interni e del Ministero delle Politiche agricole, giungendo a riconoscere agli allevatori conferenti, a partire da febbraio 2019, un prezzo di acquisto del latte ovino che si pone al di sopra della soglia del costo medio di produzione indicato da Ismea".
Quindi? "L’Autorità", si legge ancora, " ritiene che, in questo specifico caso, la valenza degli accordi sui prezzi raggiunti presso la Prefettura di Sassari debba essere valutata nel contesto giuridico e fattuale di riferimento, alla luce della crisi del settore lattiero caseario sardo e delle caratteristiche peculiari del mercato del pecorino romano DOP, tenendo conto della natura eccezionale e transitoria degli impegni assunti dai trasformatori “su imposizione della pubblica autorità” per far fronte ad una situazione emergenziale determinata dalla violenza delle proteste dei pastori dei primi mesi del 2019, scaturite in “episodi criminali o comunque ai limiti della legalità”. Concetto ribadito più volte.
In conclusione" l’Autorità ritiene, alla luce dei principi di economicità, efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa, che siano venuti meno i presupposti da cui muovevano le contestazioni formulate in avvio in relazione alla presunta realizzazione da parte del Consorzio per la tutela del formaggio pecorino romano DOP e dei trentatré trasformatori ad esso aderenti di pratiche commerciali sleali in danno dei propri conferenti di latte ovino".
Una sentenza che non soddisfa i rappresentanti dei pastori, Gianuario Falchi e Nenneddu Sanna, che si sono seduti ai tavoli e hanno trattato. Perché per loro rimane aperta una questione: perché il prezzo del latte di pecora in Sardegna è crollato sotto il costo di produzione? L'Antitrust non risponde. E i ministeri latitano da settimane, nonostante le loro richieste. La vertenza è tutt'altro che finita. Troppe domande senza risposta. E troppe promesse non mantenute.