CAGLIARI. “Il governo deve fermare l'export di armi verso l’Arabia Saudita, ma questo non significa che il lavoro che si svolge nell'industria della difesa sia da smantellare". È la presa di posizione della Cgil sarda e della Camera del Lavoro, comunicata oggi dopo l'arrivo al porto di Cagliari della nave saudita Bahri Tabuk. "Visto l'uso che la coalizione araba fa del mandato d'intervento Onu, con vittime civili nello Yemen - scrive il sindacato in una nota - chiediamo al Governo e al Parlamento di assumere una decisione coerente con la legge 185/90 che vieta il commercio di armi verso Paesi che si trovino in stato di conflitto armato". Contrari quindi all'export di armi dalla Sardegna all'Arabia Saudita. Ma non a prescindere dalla destinazione. "Questo naturalmente non significa che il lavoro che si svolge nell'industria della difesa sia da deprecare e smantellare: contribuisce a realizzare obiettivi di sicurezza nazionali e internazionali, crea reddito e occupazione consistenti e realizza progressi tecnologici fondamentali per la vita sociale moderna - precisa la Cgil - È invece pericoloso che Paesi e regimi politici poco democratici sviluppino in proprio capacità offensiva nell'industria degli armamenti, che va sottoposta a limitazioni e controlli internazionali, in direzione del disarmo e della risoluzione pacifica dei conflitti, come recita la nostra Costituzione".
"Diventa però insostenibile – concludono Cgil regionale e di Cagliari - che debbano essere i lavoratori, sia nei porti che nelle fabbriche, a colmare l’assenza di indirizzo di cui si sta rendendo responsabile il governo italiano. La Cgil infatti tutela i lavoratori tutti, soprattutto quando si trovano a dover fronteggiare un clima di tensioni le cui ragioni vanno ricercate altrove, ovvero nelle scelte dei Governi, succedutisi negli anni, in scoperta violazione dei principi costituzionali e dello spirito della legge 185/90 per aver autorizzato le esportazioni di armi verso l’Arabia Saudita, che le usa attivamente nel conflitto yemenita".