CAGLIARI. Se ne parla da almeno un decennio: la zona franca doganale al porto di Cagliari permetterebbe di incrementare i traffici delle merci in uno scalo in agonia. Finora sulla sua mancata attivazione c'era un velo di mistero. A squarciarlo, "ma mi raccomando, tenete riservata la notizia, tanto qui non ci sono giornalisti", è il presidente dell'autorità portuale Massimo Deiana: "Ci sono i soldi, perché la Regione ha dato al Cacip un milione e duecentomila euro. Si poteva realizzare la recinzione intorno ai sei ettari dei terreni. Ma, pensate un po', c'era un problema di autorizzazione a costruire". E nel dirlo il docente di diritto della navigazione che governa i porti della Sardegna porta una mano alla bocca, come a sottolineare l'assurdità del concetto.
Una rivelazione fatta al pubblico del Meeting internazionale sulle politiche del Mediterraneo, andato in scena all'Hostel Marina. Deiana era affiancato dal presidente della Fondazione di Sardegna Antonello Cabras. Ha aggiunto: "Adesso le autorizzazioni ci sono, sono arrivate dopo una conferenza di servizi. Bisognerà avere quelle per costruire all'interno ma anche su questo ci siamo".
Ma cosa è la zona franca doganale del porto di Cagliari? È un area, ampia sei ettari, che permetterebbe allo scalo di diventare punto di smistamento di merci extraeuropee. Secondo le normative Ue, possono transitare esenti da dazi e tasse merci dirette ad altri Paesi fuori dall'Unione. All’interno delle zone franche si possono installare aree industriali che operando in regime di sospensione dai dazi possono compiere trasformazioni specializzate di merci in transito. Facciamo un esempio: è necessario realizzare un'opera in Africa, le merci arrivano dall'Asia? In sardegna si potrebbero lavorare e rispedire a destinazione, senza che sulla merce pesino imposte e balzelli doganali. Solo così si incentivano i traffici. Per la zona franca doganale c'era tutto: non la concessione per costruire una recinzione.