CAGLIARI. Cagliari città di mare? Macché. Forse tra quelle che si affacciano sul Mediterraneo è quella che ha un rapporto meno stretto con l'acqua. E le grandi opportunità sono tutte lì, in attesa di essere sfruttate. Oppure sono alle spalle, difficili da recuperare.
Partiamo da Ovest. Dal porto canale: il traffico dei container è cambiato nel mondo. Si pensava che la Sardegna potesse diventare una piattaforma logistica crocevia del Mediterraneo. Invece le banchine dello scalo industriale si sono svuotate. Centinaia di posti di lavoro sono a rischio. Ci sono opere realizzate mai utilizzate, come una grande strada interna a tre corsie e una distesa di pannelli fotovoltaici. Il rischio? La classica cattedrale nel deserto. Vista mare, ovviamente.
Pi c'è Sa Scafa: qui le attività imprenditoriali ci sono. Si allevano cozze e ostriche. Ma davvero si sfrutta tutto il potenziale dell'area? Se così fosse, perché i pescatori sono costretti a chiedere indennizzi un anno sì e l'altro pure? Per tacer dell'inquinamento, passato in secondo piano.
Spostiamo l'obiettivo verso il porto, sul versante di Sa Pedrixedda: una cloaca di catapecchie abbandonate. Spicca la torre della Quarta Règia, in una landa di abbandono. E sì che quel canale potrebbe essere approdo di barche di ogni tipo.
C'è poi il porto. Qui attraccano navi da crociera, sempre meno, e traghetti passeggeri. Quelli Tirrenia, tre volte alla settimana, non più tutti i giorni come un tempo.
Ed ecco poi il porto nella sua parte turistica. Lo frequentano solo bande di ragazzini nel fine settimana e badanti ucraine che si crogiolano al sole. I cagliaritani si vedono poco o niente.
Sulla vecchia stazione marittima pare ci sia l'idea di un project financing. Ma dall'autorità portuale l'iniziativa non viene sponsorizzata. Intanto è solo recintata.
C'è poi un bar, l'Hublot. E poi? Poi basta. Perché inizia una lunga sequenza di spazi non sfruttati.
Il Molo Ichusa è il teatro dello spreco da 7 milioni del terminal crociere. Mai usato. Ora un pezzo ce l'ha il team di Luna Rossa. A proposito: quando arriva Luna Rossa?
La passerella in legno di Su Siccu è bella. Ma paga l'essere un contorno al comando della Marina.
Si arriva così a Su Siccu. Cosa c'è? Tramonti meravigliosi. E basta. Perché qualcuno dovrà pur spiegare, prima o poi, a cosa sono dovuti i miasmi che salgono dal mare nelle giornate di bonaccia. Alle spalle c'è una pineta nella quale organizzano pic nic famiglie di filippini e pochi altri. I ricciai sono presenti solo alcuni mesi all'anno. E ancora più indietro lo scheletro del Mediterraneo. Di nuovo, a proposito: il Comune non aveva intimato la chiusura dei lavori all'impresa che lo ha rilevato dalla famiglia Fanti?
Ancora, più avanti: il porticciolo. Su Siccu, Sant'Elmo, il molo Bonaria. Qui l'economia gira. E va bene.
Ma basta andare ancora più a est per trovare l'altro insulto: il capannone Nervi. Sulla carta è diventato mille cose, dall'acquario al casinò. Nella realtà è un gigantesco rudere. Il canale di MammarRanca, che sbuca lì sotto, nelle dichiarazioni dei politici è navigabile da dieci anni. Lo sfruttano solo, e poco, gli amanti della canoa. Eppure arriverebbe fino a Pirri. Che spreco.
Sull'altra sponda, dove c'è il parcheggio cuore, c'è la banchina di san Bartolomeo: il Comune deve costruirci un ponte. Quando? Dovrebbe sorgere un centro sportivo, ma il progetto è abortito due volte.
Ed ecco a Sant'Elia, il lungomare che non è mai decollato. Certo, c'è il pezzo del Lazzaretto che è stato rimesso a nuovo. E il resto? Chi è passato al parco degli anelli ha visto che ci sono solo piante secche e una landa sterrata. Altre che spiaggia con il verde.
Il promontorio di Sant'Elia, poi: trenta ettari che il ministero della Difesa avrebbe dovuto cedere alla Regione. Non lo ha fatto. Sarebbe il tratto di congiunzione con Calamosca, la parte più bella della città. Che fa schifo. Possibile che nessuno abbia sbattuto i pugni sul tavolo per far partire lavori finanziati da cinque anni per il rifacimento della passeggiata fino alla PailLote?
E che dire dell'abbandono della zona che va dal faro al Fortino di Sant'Ignazio che cade a pezzi?
La sella del Diavolo resta bella di suo, meglio non toccarla. E una volta scollinato ecco il Poetto, con il suo lungomare rifatto. Siamo davvero certi che si sfruttato appieno? Perché a un certo punto si arriva all'ospedale Marino. Quello vecchio e quello nuovo. E non si capisce quale dei due sia messo peggio. Si arriva alla fine all'ingresso di Molentargius. Ma questa è un'altra storia.