CAGLIARI. Il capodoglio ritrovato spiaggiato a Porto Cervo, con un feto morto e oltre 22 chili di plastica nella pancia, è solo l’ultima vittima di una lunga serie. Secondo Fabrizio Atzori, direttore dell’Area Marina Protetta Capo Carbonara-Villasimius, ogni giorno in mare muoiono animali per l’ingerimento di plastica. Solo alcuni vengono salvati in extremis dagli addetti ai lavori. L’emergenza non è di oggi, esiste da anni, e il colpevole è sempre lo stesso: l’uomo. “Essendo un bacino chiuso non abbiamo riciclo di acqua e di conseguenza la plastica tende ad accumularsi sempre di più”, ha spiegato Atzori, “la colpa è solo dell’uomo, siamo sempre meno attenti all’ambiente, la plastica viene gettata in Sardegna ma può arrivare anche da altri mari”.
Così dentro la pancia degli animali (tartarughe, delfini e tanti piccoli animali) si trova di tutto: cassette dei pescatori, i tappi di bottiglia, le bottiglie intere, sacchi di plastica della verdura, e qualsiasi tipo di plastica riconducibile a tutte le attività umane. In questi giorni in tanti hanno lanciato iniziative legate alla plastic free, cercando di bandire la plastica dalle spiagge ma non solo. Secondo Atzori però queste iniziative non bastano. “È in primis l’uomo che deve prendere coscienza di ciò che sta accadendo nei mari, l’uomo deve vedere un capodoglio spiaggiato con oltre 20 chili di plastica o delle tartarughe che defecano la plastica, in modo tale che si porti dietro un ricordo e nel momento in cui gli viene in mente di abbandonare la plastica, riesce a capire che la causa degli animali morti o sofferenti siamo noi”.