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"Fratelli d'Italia" del sardo Mameli diventa l'inno ufficiale della Repubblica (dopo 71 anni)

ROMA. "Fratelli d'Italia" scritto da un ogliastrino è diventato ufficialmente l'inno della Repubblica italiana. Una notizia che sta fra la celebre rubrica della Settimana enigmistica "Forse non tutti sanno che..." e il libro dei paradossi di ogni buon indipendentista-sovranista-autonomista spinto della Sardegna. 

La "svolta" è di ieri: la commissione Affari costituzionali del Senato, in sede deliberante, ha approvato la legge: stabilisce che l'inno di Mameli - o meglio, "il canto degli italiani" - è l'inno ufficiale della Repubblica italiana. Sì, perché quello cantato in tutti gli stadi e nelle cerimonie nazionali era provvisorio. Da 71 anni. Perché il 12 ottobre 1946 durante un consiglio dei ministri "su proposta del Ministro della Guerra - si legge nel verbale di quel lontano Consiglio dei ministri presieduto da Alcide De Gasperi - si è stabilito che il giuramento delle Forze Armate alla Repubblica e al suo Capo si effettui il 4 novembre p.v. e che, provvisoriamente, si adotti come inno nazionale l’inno di Mameli». Solo che nessuno fino a ieri aveva pensato di stabilizzare quella provvisorietà. Ora c'è la legge. 

L'alternativa possibile, allora, era il "Va, pensiero"  dal Nabucco di Giuseppe Verdi. Ma prevalse l'opera di Goffredo Mameli. Nato a Genova nel 1827, ma di nobile famiglia sarda. Ogliastrina, per la precisione. Il sangue dell'autore dell'inno nazionale (adesso ufficiale) italiano, in line maschie, si mischia tra Gairo (dove nacque il trisnonno) e Lanusei, che diede i natali al padre, poi trasferitosi a Genova.