Storie

Il turismo in Sardegna va, dà fastidio a qualcuno?

turismo-mare-sardegna

 

 

 

CAGLIARI. Due indizi iniziano a fare una prova. Sull’edizione in edicola oggi il “Corriere della Sera” si è spinto a definire la Sardegna, per bocca di un non compiutamente identificato turista romano, “una bomba biologica”.

L’improvvisato virologo, perfetto medico di se stesso, è giunto a questa conclusione “scientifica” mettendo insieme tre dati per niente empirici: è passato per l’Isola, oggi risulta positivo al virus e, udite udite, non ha ballato in discoteca.

A che servono le reclamizzate tre T, i comitati tecnico-scientifici, i pareri degli esperti? A nulla. Oramai la guerra del primo quotidiano italiano contro la Sardegna è totale ed è affidata persino alla fanteria non specializzata.

I dati, nel frattempo, sembrano dire altro: con 171 attualmente positivi l’Isola resta ben salda nelle retrovie dei numeri assoluti di contagiati e persino di quelli legati al complicato indice Rt. La Lombardia giganteggia con 5423 casi, seguita da Emilia (1816), Veneto (1789) e Lazio (1540). Giusto ieri, l’Isola ha contribuito con i nuovi casi al 4% di quanto rilevato in tutta Italia.

Il simpatico assessore della Regione guidata dal leader del Pd Nicola Zingaretti non accenna ad arretrare rispetto all’idea, per ora non confermata da evidenze scientifiche, che il grosso di quei contagi sarebbe nato in Sardegna.

I freddi numeri paiono non supportare la sua balzana tesi: in maniera selettiva esporteremmo gli infetti, continuando a ospitare sull’Isola solo i prodigiosi immuni?

Allo stato, e un giorno forse scopriremo cosa c’è sotto, né il Corriere né la Regione Lazio prendono in considerazione il fatto che molti dei casi “passati” per la Sardegna sono di importazione e cioè provenienti da precedenti transiti fra Spagna, Grecia e Croazia, luoghi nei quali il virus è proliferato e si è esteso fino ai quattromila casi giornalieri attualmente diagnosticati.

Un capitolo a parte merita la questione turismo, della quale ho già scritto in un altro intervento, ospitato da un quotidiano regionale.

I dati legati all’alberghiero e all’extra alberghiero parlano chiaro, così come quelli del turismo interno, che - come sperato - ha contribuito ad attutire il contraccolpo della pandemia, tremendo per l’industria turistica globale. 

I sette milioni di presenze di cui ha parlato il presidente Solinas non sono campati in aria. La stima è figlia di un incrocio di dati che è incontestabile: nel settore marittimo si sono registrati 7 mila arrivi a maggio, 92 mila a giugno, quasi 390 mila a luglio, mentre nelle prime tre settimane di agosto siamo oltre quota 400 mila.

Alla grossa, fanno 900 mila persone in transito. Facciamo una media di permanenza di una settimana e vogliamo togliere una percentuale di sardi residenti pari al 10/15%?. Fanno comunque oltre cinque milioni di presenze. A queste vanno sommate quelle legate agli aeroporti: cerca 270 mila arrivi a Cagliari tra giugno e agosto, altri 300 mila a Olbia e poco meno di 100 mila ad Alghero, nello stesso periodo.

Significa che l’Isola è rimasta una destinazione e che, nella stragrande maggioranza dei casi, ci sono stati comportamenti corretti, dal punto di vista del distanziamento e dell’utilizzo delle protezioni. Altrimenti va da sé che i dati relativi alla circolazione del virus nell’Isola sarebbero stati ben diversi.

Fanno notizia gli assembramenti in discoteca o le disordinate polemiche di Briatore e sodali, mentre purtroppo poco si parla di quanto sono miracolosamente riusciti a fare operatori turistici grandi e piccoli, oltre che il sistema delle autonomie (con bravissimi sindaci) e la Regione stessa.

Gli hotel che hanno aperto, ad agosto hanno lavorato con indici di riempimento massimi. E anche nell’extra alberghiero siamo a percentuali di occupazione che oscillano tra il 74% e l’82%.

Se torniamo ai ragionamenti di aprile e maggio, siamo di fronte a un mezzo miracolo.

Tutto questo infastidisce qualcuno? 

La risposta la aspettiamo dal Corriere e dalla Regione Lazio. Vediamo se riescono a darci qualche ulteriore indizio, quasi la prova di una cattiva fede che non riusciamo a spiegarci.