Scienza e tecnologia

La sonda solare Nasa riceve dei segnali radio dall'atmosfera di Venere

 

È notizia di due giorni fa, 3 maggio 2021,  che la sonda solare  della Nasa  in orbita vicino a Venere ha rilevato per la prima volta un segnale radio proveniente dal pianeta. Nel video che vi presentiamo (fonte: NASA Goddard YouTube Channel) potete ascoltare l'affascinante “sonorizzazione” dei dati magnetometrici rilevati dalla Parker Solar Probe  mentre transita attraverso l'atmosfera di Venere.  Non bisogna però illudersi si tratti di trasmissioni radio provenienti da forme di vita intelligente perché sono semplicemente dei segnali radio "naturali", com'è ovvio data la natura del pianeta assolutamente inospitale per qualsiasi forma di vita.   Si tratta però di una scoperta  comunque molto importante in quanto può fornire elementi in grado di rivelare  la consistenza e natura dell'alta atmosfera del pianeta che la "sonda Parker" (vedi nota) stava attraversando. 

La missione della Sonda Solare Parker, iniziata il 12 agosto del 2018,  viene ritenuta una delle più importanti fra quelle recenti della Nasa. Nei sette anni previsti dal suo viaggio, che si concluderà nel 2025, il veicolo spaziale eseguirà infatti 24 perieli, ovvero delle orbite intorno al sole, con traiettorie sempre più ravvicinate e in grado di portarla,  nelle ultime tre, fino alla distanza di meno di 6 milioni di chilometri dalla superficie della nostra stella.

La rilevazione è avvenuta grazie a tre particolari magnetometri di cui è stata dotata, che costituiscono uno strumento di bordo denominato “FIELDS” appositamente progettato per aiutare gli scienziati a rispondere ai tanti quesiti aperti che riguardano il nostro Sole. I dati rilevati da questa emissione radio naturale a bassa frequenza saranno in grado di aiutare gli scienziati a calcolare lo spessore della ionosfera di Venere oltre alla sua carica elettrica.

Questa  scoperta di segnali radio naturali si affianca ad un recente studio pubblicato su Geophysical Research Letters che conferma come l'alta atmosfera di quel pianeta subisca sconcertanti cambiamenti durante un ciclo solare di attività  del Sole, pari a circa 11 anni.  La rilevazione recente è quindi la  prima confutazione di tali teorie, basata su una “misurazione umana diretta” della ionosfera venusiana (l'alta atmosfera), che non sia frutto di simulazioni, calcoli o osservazioni spettrografiche a distanza. Una misurazione che sarà utile in futuro per comprendere anche tutta una serie di quesiti che ci riguardano più da vicino anche sulla Terra.

Secondo recenti modelli climatici infatti, si ipotizza infatti che Venere, per gran parte della sua storia, abbia avuto temperature superficiali simili a quelle odierne del nostro pianeta. Con morfologia di superficie e  atmosfera che permettono di ipotizzare la presenza di oceani, pioggia e fenomeni atmosferici che agivano su una caratteristica crosta tettonica a placche  avente conformazione molto simile a quella terrestre. Con tutte queste caratteristiche, secondo gli scienziati, ovviamente non avrebbe potuto mancare la più importante: la presenza di vita. Ecco quindi che, poter capire come cambia la ionosfera del pianeta Venere potrà aiutare i ricercatori a determinare come Venere sia diventato il mondo di aria rovente e tossica che è oggi mentre, anche secondo un altro importante studio degli scienziati appartenenti al Nasa Goddard Institute of Space Science  una volta Venere era invece molto simile alla Terra e potrebbe aver ospitato oceani e vita per 3 miliardi di anni, prima che un disastroso effetto serra lo trasformasse in un pianeta inospitale.

Così gli esperti si sono focalizzati di recente sul fenomeno definito come le "tessere" di Venere, costituite da regioni con vallate, canyon e deformazioni tettoniche più elevate rispetto al paesaggio circostante che riguardano circa il 7% della superficie del pianeta e sono risalenti ad almeno 750 milioni di anni. Si tratta di strutture che hanno un aspetto talmente complesso,  che suggeriscono una lunga e complicata storia geologica causata da una lunga e costante erosione idrica. Secondo un recente studio del 2021 riportato su siti e riviste scientifiche aderenti alla Società Americana di Geologia alcuni schemi di tessere venusiane risultano in tutto e per tutto simili ai modelli di flusso dei fiumi esistenti sulla Terra e sarebbero la prova che queste valli venusiane  siano state formate dall'erosione dei fiumi. Meno di un miliardo di anni fa però tutto su Venere venne rivoluzionato e l’acqua scomparve dal pianeta, forse grazie ad eventi legati a fenomeni di tipo vulcanico o a tempeste solari che si presume siano stati in grado di trasformarlo nella roccia rovente e inospitale che oggi vediamo. 

Un presagio di morte che si dimostra sempre più possibile anche per la nostra Terra a causa dei cambiamenti climatici e grazie ai danni che l’eccesso di antropizzazione, lo sfruttamento indiscriminato delle risorse e l’industrializzazione senza criteri del nostro mondo stanno recando alla superficie e all’atmosfera terrestre.   Questo triste e remoto pianeta Venere, ormai morto, che noi ora osserviamo grazie alla Sonda Solare Parker, potrebbe quindi essere anche il non troppo lontano futuro che ci aspetta, in grado di anticiparci come finirà il nostro pianeta.

 

NOTA: La sonda  solare Parker deve il suo nome all’astronomo statunitense Eugene Parker  e alle sue  teorie  sul "vento solare", come viene definito il flusso di particelle cariche, principalmente elettroni e protoni, che si suppone generato dall’espansione continua nello spazio interplanetario della corona solare. 

Si tratta di una teoria sviluppata e proposta da Parker nel lontano 1957 che fu inizialmente rifiutata dal comitato di scienziati e revisori scientifici della nota rivista The Astrophysical Journal, per le sue tesi assolutamente rivoluzionarie per quel periodo.  Pensate che lo stesso studio intitolato  “Dynamics of the Interplanetary Gas and Magnetic Fields” venne pubblicato solo parecchio tempo dopo, a novembre del 1958,  grazie al diretto interessamento di  Subrahmanyan Chandrasekhar, uno dei più importanti fisici stellari (futuro premio Nobel per la fisica nel 1983)  che ebbe modo di leggerlo e comprenderne la reale portata.