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CAGLIARI. La vera chiave anti-spopolamento in Sardegna è l’acqua. A dirlo è Coldiretti Cagliari che rilancia due proposte strategiche per mettere davvero la risorsa idrica al centro dello sviluppo dei territori: "Servono subito un nuovo piano di bonifica e un tavolo regionale permanente”.
L'obiettivo quindi è da un lato ottenere la revisione e il rifinanziamento del Piano regionale di Bonifica e l’istituzione di un’unità di progetto regionale sull’acqua, dall'altra un tavolo permanente dedicato alla gestione e pianificazione idrica come già esistono per agricoltura e allevamento.
“Dove c’è acqua, c’è impresa e c’è agricoltura. E dove c’è impresa e agricoltura, c’è vita, presidio, lavoro e futuro ed è così che si combatte davvero lo spopolamento”, sottolineano il presidente di Coldiretti Cagliari Giorgio Demurtas e il direttore provinciale, Giuseppe Casu. “Oggi chiediamo che la Regione apra subito un confronto strutturato per costruire un sistema idrico moderno, efficiente, equo e resiliente. Non possiamo più rincorrere l’emergenza: servono scelte concrete e coraggiose”.
Perché "senza acqua, le aziende agricole non possono vivere. E senza aziende agricole, i territori si svuotano", commenta Coldiretti in una nota. "Occorre una nuova visione che rilanci le infrastrutture, migliori le condotte, riduca drasticamente le perdite (oggi oltre il 50% dell’acqua immessa nelle reti va dispersa) e dia un ruolo centrale ai Consorzi di Bonifica nella pianificazione", si legge. E ancora si chiede "la nascita di una vera unità di progetto sull’acqua: un tavolo regionale permanente con Regione, Consorzi, Comuni, agenzie ed enti agricoli per coordinare interventi che portino a un piano pluriennale di investimenti strutturali, già a partire dai prossimi strumenti finanziari della Regione", oltre che "una nuova stagione di investimenti per invasi, reti e gestione delle risorse: serve interrompere l’assurdo meccanismo per cui in alcune zone l’acqua viene scaricata perché non ci sono strutture per trattenerla nei momenti di eccesso, per poi mancare nei periodi di bisogno".
Nel Sud Sardegna, nonostante la situazione oggi sia migliore con la fortuna di avere una dotazione completa per i territori coperti dal Consorzio di bonifica, è ancora viva la situazione passata con i 5mila ettari di coltivazioni perse e una lezione da non dimenticare. L’emergenza idrica del Sud Sardegna è stata, infatti, emblematica: nel 2023 proprio questo territorio ha vissuto una delle peggiori crisi dell’Isola, con oltre 5.000 ettari persi a causa della siccità e danni enormi ai bilanci delle aziende agricole. Quest’anno solo la pioggia e la pressione di Coldiretti hanno evitato il peggio, ma il rischio era nuovamente altissimo: si temeva un taglio del 30% alla dotazione irrigua. “Non possiamo affidarci alla fortuna: serve una pianificazione seria, stabile e condivisa”, ribadiscono da Coldiretti Cagliari.
E proprio sulle politiche idriche, Coldiretti ribadisce come l’incertezza impedisca di pianificare le scelte aziendali: in tali condizioni le imprese non assumono o, nel peggiore dei casi, chiudono. In uno scenario di questo tipo, bonus e altre misure volte a incentivare le nascite o la permanenza sul territorio risultano poco efficaci. Al contrario, la certezza dell’approvvigionamento idrico costituisce un fondamentale elemento di stabilità per le imprese delle comunità rurali, favorendo la residenzialità e la natalità.
Anche nei territori serviti dal Consorzio di Bonifica della Sardegna Meridionale si evidenziano le stesse criticità: condotte vecchie, dispersioni enormi, mancanza di bacini di accumulo intermedi, scarsa programmazione. E in molti territori, storicamente gestiti in asciutto, oggi è impossibile fare agricoltura senza la disponibilità della risorsa.
Ecco perchè “parlare di spopolamento senza parlare di acqua è inutile. L’accesso alla risorsa idrica è il primo diritto di cittadinanza per chi vive e lavora nei territori rurali - rilanciano Demurtas e Casu - senza acqua non c’è agricoltura, senza agricoltura non c’è presidio, senza presidio non c’è futuro. Ecco perché questa battaglia per l’acqua non è tecnica: è politica, sociale, vitale”.