VILLASOR. Era uno zuccherificio, è stato trasformato in un accampamento di rom e marocchini utilizzato come discarica per lo smaltimento illecito dei rifiuti. Blitz dei carabinieri della compagnia di Sanluri questa mattina nell'ex stabilimento Eridania di Villasor: diciotto i denunciati nell'ambito dell'operazione Green Villas, tra stranieri e italiani, con accuse per reati ambientali connessi al trasporto, alla gestione e allo smaltimento illecito di rifiuti industriali e speciali inquinanti, mediante anche combustione di scarti di lavorazione del ferro, dell’alluminio e del rame. Per sette è stato disposto anche il divieto di dimora nel territorio del comune.
Per gli inquirenti, i diciotto avrebbero costituito un gruppo criminale dedito al recupero, alla gestione ed al traffico illecito di rifiuti speciali e pericolosi, nonché al deposito di materiali inerti in aree non autorizzate ed alla combustione illecita di rifiuti, nell’ambito di un sistema ben organizzato.
Si tratta di 7 uomini di origine marocchina, 6 bosniaci, di cui 3 donne e 5 italiani. Le indagini sono iniziate nel giugno 2021 dopo alcuni avvistamenti a Villasor di fumo denso e nero proveniente dalle aree adiacenti alle palazzine dell’ex zuccherificio “Eridania” che da decenni sono occupate abusivamente.
Con i prolungati appostamenti, con le attività tecniche e le analisi video, svolte tra il 2021 e il 2022 dai militari della Compagnia di Sanluri, si è scoperto che gli stranieri sarebbero diventati a vario titolo dei punti riferimento della zona del Sud Sardegna / Medio Campidano e della periferia nord di Cagliari, per il recupero di ferro e rame tramite smaltimento e distruzione con abbruciamento, di rifiuti speciali, con la connivenza dei cittadini italiani titolari/dipendenti di ditte operanti nel settore: dopo aver accumulato rottami e masserizie in giro per il territorio, li avrebbero stoccati ammassandoli in discariche abusive a ridosso delle palazzine occupate, per poi lavorare e separare i materiali di scarto dal ferro e dal rame, quindi piazzando sul mercato e rivendendo il prodotto ricavato, con la connivenza dei soggetti italiani e delle loro ditte cagliaritane, che in parte hanno anche emesso fatture a favore di uno dei soggetti marocchini, in possesso di partita IVA.
Gli stranieri, tutti non iscritti nell’albo dei gestori ambientali, quindi privi di qualsiasi titolo di legge, si sarebbero poi disfatti dei materiali residui (plastiche, cavi elettrici, penumatici, batterie per motori, rottami di autoveicoli e molto altro) appiccando pericolosi roghi, generando fumi tossici e agenti inquinanti per l’ambiente.
I carabinieri hanno individuato così 2 distinte aree (complessivamente 600 mq, oggi sottoposte a sequestro) utilizzate dagli indagati per lo stoccaggio, la lavorazione e l’incendio dei materiali da loro stessi recuperati, avvalendosi di 4 furgoni Iveco, oggi posti in sequestro.
È stato documentato che i carichi di ferro, alluminio e rame rivenduti, mediamente con carichi da 5 tonnellate settimanali, permettevano proventi per 5 mila euro l’uno. Pertanto è stimabile che in un anno, secondo le risultanze emerse, l’attività illecita possa aver portato a ricavare dai rifiuti raccolti circa 250 tonnellate di ferro, alluminio e rame, per un provento stimabile in circa 200 mila euro.
- Redazione
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