CAGLIARI. "Dirò cose sgradevoli. Non c’è solo l’orrore di Bucha, che stiamo scoprendo ora che è tornata in mani ucraine. Anas rete sociale sta venendo a conoscenza in queste ore di fatti terribili consumati anche a Irpin, a Kerson e a Melitopol. A raccontarli, con estrema difficoltà, sono le donne profughe che prendiamo al confine di Medyka e accompagniamo dalle famiglie italiane disponibili a ospitarle. Nelle vostre case, grazie alla vostra solidarietà".
A parlare è Claudio Cugusi, cagliaritano, presidente nazionale di Anas, associazione di azione nazionale. In queste ore sta portando in Sardegna profughe e bambini. È la terza missione partita dall'Isola: andata con carichi di beni di prima necessità e medicine, ritorno con i fuggiaschi. E le donne parlano, raccontano ciò da cui sono scappate.
"I racconti che abbiamo ascoltato anche nella missione che si è chiusa oggi sono terribili", spiega Cugusi, "e parlano di bambine anche di due anni violentate e le parti intime chiuse con il silicone; donne violentate in gruppo e impiccate in uno scantinato".
I protagonisti, aggiunge, "sono sempre soldati russi, regolari o irregolari non lo sappiamo. I racconti che ascoltiamo parlano di un corteo di 400 auto scappate da Melitopol pochi giorni fa, quando ancora era in mano russa: l’artiglieria ha provato a fermare il corteo e ha abbattuto le prime auto con i carri armati ma molte famiglie sono riusciti a scappare con i loro mezzi e arrivare ai territori controllati dall’esercito ucraino passando attraverso strade interne, viaggiando per due giorni sino al confine polacco. I racconti delle profughi ci parlano di donne violentate e rapinate in più di un posto di blocco, mentre cercavano la fuga dalla Crimea".
Cugusi precisa che lui e i suoi operatori non sono testimoni diretti, "non abbiamo le prove e non conosciamo i colpevoli ma stiamo facendo di tutto per conservare queste testimonianze. Perché di tutto questo orrore, che avrà mandanti ma soprattutto carnefici, autori materiali, non si perda mai la memoria".
NEL VIDEO: Le immagini satellitari del 19/03 e le riprese video dalla strada di Buchia fatte in data 02/04. Una realizzazione del New York Times per provare che i corpi si trovavano lì sin dai tempi dell’occupazione russa.