CAGLIARI. Si riconoscono facilmente. Si mettono davanti all’ingresso di bar o piccoli market del centro di Cagliari, chiedendo a chi entra o chi esce una moneta. Sono quasi tutti nigeriani, tra i 20 e i 30 anni, di bella presenza. Vestiti bene, raramente sono insistenti con l’elemosina, non incutono paura. Ma chi c’è dietro di loro? A Milano, dove il fenomeno è presente da tempo, nei mesi scorsi la polizia locale ha avviato l’inchiesta “Baseball cap”, o berretto da baseball, come uno degli elementi in comune ai vari questuanti africani. Come riportato da Repubblica, il profilo descritto è lo stesso anche a Cagliari: nessuno stereotipo del “giovane disperato”, regolare permesso di soggiorno, qualcuno addirittura parla un buon italiano. Il sospetto è che alle loro spalle ci sia una rete di trafficanti, che gestisce il racket dell’elemosina, trattenendo tutto – o quasi – il “guadagno” quotidiano dei mendicanti, costretti a dover risarcire debiti o altre situazioni simili.
Questa mattina abbiamo fatto un giro per Cagliari, dove abbiamo conosciuto Samuel (25 anni, nigeriano), che chiede l’elemosina davanti al market di via de Gioannis. “Un ragazzo tranquillo”, lo definiscono i dipendenti a cui chiediamo di lui, ipotesi confermata anche da alcuni clienti fissi. “Io ti voglio bene, ma devi scioglierti un po’: aiuta le vecchiette con le buste della spesa e sorridi”, lo rimbrotta bonariamente una donna, anche lei cliente abituale del market. “Sono stanco di chiedere soldi. Mendicare non è un lavoro”, ci confessa in inglese Samuel, che arriva ogni giorno da Monserrato. Qualcuno dice di vederlo scendere ogni giorno, insieme ad altri come lui, sempre dallo stesso furgone, avvalorando la tesi di un “coordinamento” dell’attività di elemosina. Ma dal market ci raccontano, invece, di vederlo arrivare a piedi da via Pessina. Caldo, freddo, sole o pioggia. Sempre lì davanti a chiedere qualcosa.
Spostandoci di qualche isolato, troviamo James, ivoriano di 23 anni. Lui è arrivato in città a maggio e ancora non parla italiano. Bazzica in via Cocco Ortu, tra un bar e un negozio di pasta fresca, non disdegnando di dare una mano ad alcuni muratori per spostare un ponteggio mobile. Le loro storie sono simili: niente familiari, pochi amici, tutto il giorno davanti al bar (o market) a chiedere l’elemosina. Qualche moneta, una pizzetta, qualche pacco di biscotti, frutto della solidarietà di qualche cliente. “Potevo morire, ma per la grazia di Dio sono qui a Cagliari”, racconta James. Che aggiunge, in francese: “Cerco una nuova vita e una nuova famiglia. Spero di trovarle a Cagliari”. Dalle sue parole traspare un passato di pericoli, soprattutto nel viaggio che lo ha portato in Italia dal Continente Nero. Viaggia ogni giorno da Flumini, per guadagnare qualche euro per mantenersi. Riserbo assoluto, però, sull’eventuale esistenza del racket. Mentre parliamo, notiamo che qualcuno ci osserva da lontano. Non siamo a Milano, è vero. Ma l’ipotesi che anche qui, a Cagliari, possa esistere una situazione analoga non è del tutto da escludere.