CAGLIARI. Quindici milioni di euro. Detto così sembrano tanti, ma se li dividiamo per 400, il numero di croci che l’Italia si è portata sulle spalle durante questi due anni di pandemia ce ne restano circa 38mila. Questo il risarcimento che, a testa, andrà a ogni famiglia dei medici morti di Covid sul campo. 370 i medici e gli odontoiatri uccisi dal virus, in gran parte durante la prima ondata della pandemia: di questi, 216 erano medici di famiglia, del 118, guardie mediche, specialisti ambulatoriali, liberi professionisti; 30 gli Odontoiatri a cui si aggiungono 90 infermieri.
Quando il ministro della Salute Roberto Speranza aveva annunciato lo stanziamento dei fondi, in tanti avevano esultato per quei 15 milioni. Fino a pochi giorni prima, in effetti, si pensava che non sarebbero arrivati neanche quelli, dopo la bocciatura del provvedimento in Senato. I camici bianchi si erano indignati ed era esplosa la rabbia. Poi la notizia. L’ok del governo ai nuovi aiuti speciali. Un fondo per i familiari del personale sanitario non convenzionato Inail, quindi non dipendenti dal Servizio sanitario nazionale, che rappresenta oltre la metà dei medici deceduti. "Quei 15 milioni - denuncia Marina Fancellu, segretaria regionale del sindacato dei medici italiani - si trasformano in pochi spiccioli a testa, uno stanziamento irrisorio per quei medici che, nella fase più difficile dell’emergenza, hanno dato la vita per il loro lavoro e i loro pazienti. Noi ci auguriamo che vengano stanziati altri fondi". Ma il malessere dei camici bianchi ha radici profonde: "Dal sovraccarico di lavoro alla strisciante privatizzazione privatizzazione della medicina generale: motivi che ci porteranno allo sciopero proclamato anche in Sardegna per l’1 e il 2 marzo".