CAGLIARI. Una città traumatizzata dall'epidemia. C'è il profilo sanitario, devastante. Poi c'è l'economia. I conti devono ancora essere fatti. Ma basta guardarsi intorno a Cagliari, la sera ma anche la mattina, per essere travolti dalla desolazione.
Piazza Yenne, pieno centro. Sabato sera, 29 gennaio, si è vista qualche colonna di auto alla ricerca di parcheggio. Niente a che vedere col passato, anche nei periodi più difficili della circolazione del virus (tolta la fase di lockdown). I locali però non erano pieni, anzi: alle 23 c'era il vuoto. Ma è stato solo un sussulto di vitalità, in uno scenario desolante.

Il resto della settimana il centro di Cagliari, i suoi locali, i negozi: tutto è spento. E non solo perché l'illuminazione pubblica, ai piedi della statua di Carlo Felice, non funziona un giorno sì e l'altro pure. Non c'è la gente.
Non solo dopo il tramonto. Situazione anomala, postbellica, anche la mattina: tavoli dei bar vuoti, niente traffico. Come documentato dalle immagini di Emanuele Concas, giornalista che Cagliari la conosce bene, che risalgono a questa mattina alle 9. "Se non è una tragedia questa ditemi voi cos'è", commenta il cronista.
La sua è una documentazione per immagini dei dati divulgati dal presidente della Fipe Confcommercio di Cagliari, Emanuele Frongia: i fatturati dei locali pubblici sono calati del 70% e c'è chi ha deciso di aprire solo nel fine settimana perché, in altri giorni, riesce a battere solo 6 euro di scontrini.
Gennaio è sempre stato il mese del calo di fatturato, dopo lo shopping delle feste di Natale. Ma questa volta, per giustificare il crollo, non si può pensare solo ai positivi, chiusi in casa a migliaia, e al maestrale che ha soffiato forte fino a ieri sera. Queste sono le immagini della crisi.