CAGLIARI. In Sardegna nel 2022 sono stati registrati 91 decessi per Covid. Dal primo al 26 gennaio nel 2021, quindi nello stesso periodo dell'anno e per la medesima durata, le morti legate al virus erano state 108. Un confronto che può essere letto in vari modi. Ma uno è corretto e gli altri sono sbagliati.
In termini assoluti la differenza non è elevata: appena 17 morti in più, l'anno scorso. Quando il vaccino non esisteva. O meglio, quando le somministrazioni erano appena iniziate e solo tra il personale medico: la prima inoculazione nell'Isola risale al 27 dicembre del 2020. Quindi, ora che la stragrande maggioranza della popolazione ha ricevuto almeno due dosi, perché si continua a morire così tanto? La risposta sta in altri dati. Il picco dei contagi quotidiani registrato nel periodo del 2021 considerato era stato di 411, il 12 gennaio. Una vetta raggiunta durante una fase con una media di circa 200 nuove positività rilevate. Nell'anno in corso è stata un'escalation di nuovi record di contagi quotidiani, con il massimo di 2023 toccato il 19 gennaio. La media giornaliera è di circa 1400, quindi sette volte più elevata rispetto a quella del 2021. Il confronto fra i decessi, quindi, deve essere “tagliato” sette volte. Non solo.
L'ultimo report dell'Iss spiega che il tasso dei decessi per le persone non vaccinate è pari a 52,9 ogni centomila. Quello dei vaccinati con ciclo completo e dose booster è 1.6. I No Vax, quindi, rischiano di morire di Covid 33,1 volte più di chi ha completato il ciclo di vaccinazione. Inoltre i non vaccinati contro Covid 19 hanno un rischio, se si infettano, 21 volte maggiore di finire in terapia intensiva rispetto a chi ha fatto due dosi vaccinali. Proporzioni che valono a livello nazionale. Ma facili da declinare in terra sarda. Perché il virus non bada a confini. E le reali proporzioni, di questa drammatica conta, sono purtroppo facili da cogliere.