CAGLIARI. Indossano le divise con il tricolore italiano. Sono sardi. Ci vuole poco a capirlo. Le imprecazioni sono in sardo. Certe veloci comunicazioni anche. Quelle che si sentono tra una scarica e l'altra. Sparano contro centinaia di talebani che vogliono fare loro la pelle.
Missioni di pace, le chiamano. Ma l'intervento in Afghanistan dell'esercito italiano non è stato solo finalizzato alla distribuzione di caramelle e sorrisi. Lo sapevano loro, i soldati della Brigata Sassari che hanno partecipato alle missioni, lo negavano i vertici dello Stato. Quando uno di loro veniva ferito, trapelava sempre che fosse successo durante un banale trasferimento tra una base e l'altra, o mentre si stava effettuando un giro di perlustrazione. Mai si è parlato di scontri a fuoco.
Racconta un'altra storia la testata specializzata Difesa Online, quando tutte le truppe si sono ritirate ormai da cinque mesi e i talebani dominano incontrastati a Kabul. Lo fa con un video. Ci sono due postazioni di ragazzi della Sassari, affiancati ai parà americani, che combattono. E qualcuno ha ripreso l'intero scontro a fuoco. La data è quella del Natale 2009, il fronte è quello di Bala Murghab. Le immagini vengono rese pubbliche solo dodici anni dopo.
Le pallottole fischiano sopra gli elmetti. Lì davanti c'è il nemico. La battaglia sale d'intensità. "Minch'e cuaddu" è la poco elegante espressione che si sente ripetere spesso. La trascriviamo così, perché quella è. "Max, lassa sparai a is atrus", dice un soldato al collega piazzato in un altra postazione. L'inquadratura si sposta dall'altra parte del campo di battaglia. I nemici si spostano in campo aperto, provano a guadagnare metri. "Qui moriamo tutti", dice preoccupato sempre un sardo.
Tutti attendono la svolta. Che arriva, con un aereo che bombarda la postazione nemica. La battaglia nascosta di Bala Murghab è finita. "Vaffanculo", esclama un sassarino. Si rivolge ai talebani. Ai nemici di una guerra che forse deve essere ancora raccontata per quello che è stata.