CAGLIARI. "Mio padre era orgolese. Mio padre era un poliziotto. Mio padre è morto in divisa. Mio padre ha avuto la medaglia d’oro per essere morto a causa di servizio inseguendo delinquenti. Ma il mito di Orgosolo è un assassino, un rapitore uno spacciatore di droga. Mio padre era un balente, Mesina è un delinquente". Franco Carta aveva affidato queste parole ai social il 3 luglio del 2020, nel giorno in cui la ex primula rossa del banditismo sardo aveva scelto la strada della latitanza per non scontare la condanna a 30 anni, che lo avrebbe portato di nuovo in carcere dopo la grazia concessa dal presidente Carlo Azeglio Ciampi.
Carta le ripropone oggi, sempre sui social, per "sfatare i falsi miti". Suo padre Diego era un egente di polizia. Morì il 23 luglio del 1972: conseguenza di un incidente in moto mentre era in servizio. Con un collega aveva allestito un posti di blocco sulla 131, all'altezza di Marrubiu. Notarono un'auto che alla loro vista aveva effettuato una inversione a U. Si misero all'inseguimento. Durante la corsa si imbatterono in un uomo a cavallo: l'animale, spaventato, scartò. L'impatto fu inevitabile. Il collega di Carta morì sul colpo. Lui se ne andò tempo dopo, mai ripreso dalle ferite riportate: gli era stata amputata una gamba.
E il figlio Franco non vuole vedere la celebrazione di un bandito.