CAGLIARI. Circa 20 chili di cocaina, sette arresti, quattro sardi e tre calabresi. Un volume d’affari di centinaia di migliaia di euro (solo in un’occasione sono stati sequestrati quasi 500mila euro). Fin qui poco nulla di strano se si considera che in Sardegna è fiorente l’attività di spaccio di sostanze stupefacenti e quindi il consumo soprattutto di cocaina.
Il filone della criminalità isolana era legato alla Calabria dall’ndrangheta. L’attività dei comandi provinciali dei carabinieri di Cagliari, Oristano, Nuoro, e Reggio Calabria è partita nel 2017. Ma si è concentrata soprattutto tra la primavera del 2019 e quella del 2020.
Al centro dell’attività c’era Francesco Porcu, classe di Borore, del 58. Gli affaristi calabresi, che erano abituati a incontrare personalmente i loro acquirenti, e ad avere i telefoni criptai, quando arrivavano in Sardegna, venivano ospitati a casa di Silvano Murgia, classe 45, di Uras, unico ai domiciliari per questioni di salute e di età. Sposato con una calabrese.
L’attività dei carabinieri delle diverse province è stata difficile e articolata, perché gli incontri avvenivano in posti isolati. Come ad esempio l’ovile di Porcu. Gli altri arrestati sono il famoso Antonio Strangio, del 59 di San Luca, Giuseppe De Luca, del 1958, già detenuto, Sebastiano Ficara del 1985 di San Luca, Costantino Dore, di Orgosolo ma che gravitava intorno ad Arborea, del 62 e Salvatore Innocenti dell’88 di Fonni ma arrestato a Prato Sardo.
Talvolta i calabresi arrivavano in Sardegna sprovvisti di droga. Erano solo per stringere accordi con i criminali sardi. Altre volte, invece arrivavano con la droga suddivisa in panetti occupata nella carrozzeria delle auto. Come nel caso di un sequestro di 5 chili di cocaina pura all’85 per cento e utile per la realizzazione di oltre 30mila dosi (in panetti sigillati e sottovuoto nascosti nella carrozzeria di un’auto a noleggio con la scritta ‘ndr) nonché 500mila euro in contanti destinati alle famiglie calabresi sequestrati a Innocenti che arrivava nell’Isola con la figlia minore per non destare sospetti. Ogni spostamento avveniva con auto noleggiate e sempre diverse. E i contratti di noleggio venivano subito stracciati per non essere rintracciati. Rimaneva sempre la traccia del biglietto della nave. I clan si incontravano una volta al mese o ogni 40 giorni. E i rapporti andavano oltre il business commerciale.