CAGLIARI. Conto: 43,50 euro. Per una lasagna "incandescente esternamente e gelata nel nucleo. Non male, proprio una fetenzia", un arrosto di vitello di carne "di canaposa consistenza, cucinata senza amore, fredda e senza sapori" e contorno di patatine fritte. La descrizione, compresa di conto finale, è quella di Paolo Lai su una cena consumata a bordo della nave Amsicora della Tirrenia durante il viaggio da Cagliari a Civitavecchia. Una cena da incubo. E costosa. Una racconto tagliente e ironico, che riportiamo integralmente. Anche con il finale rivolto all'armatore Vincenzo Onorato.
Colto dal consueto e lavorativo bisogno di lasciare l'amata Cagliari ho optato per l'imbarcarmi sulla motonave Tirrenia, pomposamente chiamata "Amsicora".
Sistematomi in una cabina dignitosa e quasi linda ho deciso di furoreggiare e, forte della mia carta di credito "Platinum ma anche no", mi sono recato nell'annesso ristorante.
Non il self service, invaso di camionisti pugliesi e famigliole urlanti, ma il Ristorante dove si può mangiare alla carta.
Accolto da un cameriere dall'idioma criptico mi sono accomodato, scoprendomi curiosamente unico cliente. Ad intuito capisco che posso ordinare, e riferisco le mie scelte al gutturale figuro in livrea. Percepisco solo un biascicato "vabbuò", ma non è il momento di dibattiti glottologici.
Ho fame.
Il tavolo è apparecchiato decentemente, le posate linde, un cestinetto contiene due panini precongelati e resuscitati da un fornetto di sicuro mal-funzionante.
Arriva l'antipasto, di terra come da me richiesto, ammesso che le due alici presenti vivano in collina.A corollario due mozzarelline in finta bufala, due pezzetti di formaggio stagionato, affetto dagli esiti dell'attività aerobica di coliformi fecali, un tripudio di forellini non certo rassicuranti. Ulteriore orpello tre fettine di salame piccantissimo, presumo all'anduja calabrese, una bomba al benzene.
Il cameriere mi guarda e sbofonchia un "il Cagliari và bbuono st'anno? "..
Non seguo le Giulini-vicende ed un poco si risente.
Si sposta e torna con la lasagna da me ordinata.
È un cubo osceno, stratificato come una cava di feldspati, ma la fame è fame.
Per un curioso effetto termico è incandescente esternamente e gelata nel nucleo, la pasta di ovvia provenienza dozzinale, da discount.
Complessivamente non è male, è proprio una fetenzia, ma mi pare poco carino asserirlo al mio oramai sodale cameriere.
Mi ritira il piatto, in un mio momento di distrazione, caracollando e parlando di Insigne. Percepisco un altro vabbuò...
Ritorna come un golem, solenne, e nel piatto ha l'agognato arrosto di vitello con contorno di patate fritte.
Lo assaggio, l'aspetto promette bene.
Deluso mi ritrovo ad addentare una carne di canaposa consistenza, cucinata senza amore, fredda e senza sapori.
Le patatine mi consolano...con loro mai sbagli.
Chiedo il conto, terminando la bottiglietta d'acqua naturale, opzione alla mia amata frizzante non disponibile.
Trasecolo nel leggere 43.50€.
Pago e mi risponde con una frase che forse contiene un vabbuò..
Vado via mentre il megafono interno invita i presenti ad avvalersi del ristorante di bordo..
Sorrido amaramente, da sardo vessato e deriso, e vorrei aver di fronte il grande capo di questa baracca, il mitico Onorato. Per dirgli cosa..?
"Onorato, ma vai a cagare... Vabbuò..?"