CAGLIARI. "Sono qui per rispondere a chi ci accusa di essere cementificatori: mentono sapendo di mentire". Inizia così il video che l'assessore regionale all'Urbanistica, il sardista Quirico Sanna, ha voluto pubblicare mentre in Sardegna tiene banco il dibattito intorno al mattone, sul quale molti in passato sono inciampati cadendo rovinosamente. Il consiglio regionale ha dato il via libera alla proroga fino al 31 dicembre del Piano casa, evitando che si creasse un vuoto normativo che avrebbe paralizzato il settore delle costruzioni. Ma a scaldare gli animi è un altro provvedimento. Inizialmente contenuto nello stesso testo di legge che decretava la proroga, è stato stralciato dopo una maratona in commissione. È la cosiddetta interpretazione autentica del Ppr. Una norma che serve per stuprare col cemento le coste e l'agro, secondo l'opposizione, scardinando i vincoli voluti da Renato Soru. Una legge che invece serve per dare respiro al comparto edile, per la maggioranza, che ha fretta di approvarla perché il 2 luglio scade il termine per il ricorso contro la Soprintendenza che ha bloccato la realizzazione della nuova Sassari-Alghero: la legge servirebbe per avere in mano uno strumento normativo valido per vincere la causa.
Ma il tema è più ampio, e va oltre la quattro corsie. Nello scontro entra la concezione di sviluppo della Sardegna. Quella difesa da Sanna, che respinge il marchio di "cementificatori": "Noi siamo coloro che amano la Sardegna e col piano casa lo dimostriamo migliorandola sotto l'aspetto architettonico, usando i materiali autoctoni nostri. Diamo una spinta identitaria alle nostre costruzioni. Lo facciamo rispettando l'ambiente, da sardi e da sardisti".
Sanna cita anche Antonio Simon Mossa, architetto, indipendentista: "Il mio maestro", dice l'assessore, "diceva sempre che era possibile fare in Sardegna uno sviluppo armonico: questo è il nostro faro. A coloro che ci accusano di essere i nuovi Attila, respingiamo le accuse. Vogliamo una Sardegna felice, che non esiste senza la serenità, che non esiste senza lavoro. Diamo speranza al popolo sardo, lavoro e dignità". Il discorso si chiude con un sardistissimo "Fortza paris".