CAGLIARI. “L’annunciata, probabile, riapertura del settore del benessere e dei servizi alla persona solo dal 1° giugno, è incomprensibile e inaccettabile. In Sardegna, acconciatori, estetisti e operatori della pedicure e manicure sono sull’orlo del fallimento e non potranno sostenere un altro mese di serrata”.
Sono durissimi, e molto preoccupati, Antonio Matzutzi e Daniele Serra, presidente e segretario di Confartigianato Imprese Sardegna. Nell'Isola sono operative nel settore 3.384 imprese: di queste ben 2.886 sono imprese artigiane, con 5.124 addetti. Per un giro d'affari annuo di 523 milioni di euro. “Questi nostri artigiani sono stati i primi a essere stati bloccati dalle misure contro il contagio da coronavirus - continuano Matzutzi e Serra – hanno rigorosamente tenuto abbassate le serrande, continuando a pagare dipendenti e fornitori, saldando affitti e bollette. Ricordiamo come il settore in questi 2 mesi abbia già registrato un calo del giro d’affari di circa 50 milioni di euro”.

In questi 2 mesi, Confartigianato Benessere ha elaborato e presentato al Governo proposte dettagliate su come tornare a svolgere queste attività, osservando scrupolosamente le indicazioni delle autorità sanitarie su distanziamento, dispositivi di protezione individuale pulizia, sanificazione. “Suggerimenti molto pesanti e fortemente penalizzanti per le possibilità di ricavo delle imprese – sottolineano presidente e segretario – ma sottoscritte dal settore pur di ripartire. Per tutta risposta, il Governo non ha dato alcuna risposta”.
Per Confartigianato Sardegna, tutto questo è stato inutile e si chiede cosa la categoria potrebbe fare in più dal 1° giugno in termini di sicurezza, con l’aggiunta di costi continui e ricavi azzerati per gli interi mesi di marzo, aprile, maggio.
“La situazione per il settore è pesantissima e sono tante le attività che rischiano di non avere la forza per riaprire o che purtroppo dovranno lasciare a casa il personale – denunciano Matzutzi e Serra – siamo stati responsabili e lo saremo sempre ma tutto questo è ingiusto e non possiamo permetterlo”. “La prospettiva di un altro mese di fermo obbligato non possiamo accettarla passivamente, tantomeno in silenzio – concludono – nelle prossime ore, infatti, la categoria verrà riunita in videoconferenza per studiare iniziative sia per manifestare al Governo il malessere del settore, sia per formulare ulteriori azioni e iniziative che possano sbloccare la situazione”.