CAGLIARI. La criminalità organizzata non si radica, ma investe e opera in Sardegna, spesso collegata a bande locali. E particolare attenzione deve essere riservata al progetto di investimenti in energie rinnovabili del Piano Energetico Ambientale, per il quale “appare necessario monitorare con attenzione i conseguenti investimenti, in quanto possibili canali di immissione sul mercato di capitali illeciti e di distrazione dei finanziamenti pubblici e comunitari”. Parole contenute nell'ultima relazione semestrale della Direzione investigativa nazionale antimafia.
La premessa è sempre la stessa. Quando si parla di Sardegna l'incipit è: “Le caratteristiche tipiche della cultura sarda hanno reso difficoltoso il radicamento delle organizzazioni criminali di tipo mafioso”. Ma poi arriva l'elenco di collaborazioni tra bande locali e quelle nazionali e internazionali. La Dia registra “la presenza di soggetti collegati alle “mafie tradizionali” o anche proiezioni delle stesse, che nell’Isola hanno effettuato investimenti correlati al riciclaggio od al reinvestimento dei proventi accumulati in altre regioni. Infatti”, prosegue il rapporto, “pur se caratterizzata da un’economia in oggettiva difficoltà, la regione gode di una fiorente vocazione turistica di sicuro interesse per nuovi investimenti che, in alcune aree di particolare pregio, possono raggiungere valori particolarmente elevati”. Ne sanno qualcosa i mafiosi russi che, sempre stando al report, hanno visto in Sardegna “un luogo di investimento, soprattutto nelle zone costiere, tale da giustificarne una presenza non trascurabile”. Ma siccome la mafia russa non spara, la sua presenza è di più difficile rilevazione.
Proliferano nell'Isola, secondo l'Antimafia, le scommesse clandestine: il riferimento è a un'operazione del 2018 , quando è stato sgominato "un sodalizio criminale nell’ambito del quale un imprenditore cagliaritano, in contatto con il clan barese Capriati-Parisi, aveva assunto la funzione di collettore principale delle affiliazioni per la diffusione commerciale dei siti e brand dell’organizzazione”. Il traffico di droga continua a essere fiorente. E il nuovo business della criminalità dell'interno, secondo la Dia, è la coltivazione di marijuana. Si legge nel dossier che “le dimensioni e la capacità produttiva delle piantagioni avvalorano l’ipotesi che l’attività in questione sia ormai un business criminale di rilievo per i gruppi delinquenziali locali”.