CAGLIARI. Violazione di principi costituzionali di uguaglianza, quindi l'insufficienza della disciplina sulla parità dei generi, l’eccessivo premio di maggioranza, le alte soglie di sbarramento, il voto disgiunto, la mancata elezione del terzo candidato alla Presidenza a differenza del secondo, l’adesione fittizia di consiglieri uscenti a liste per evitare la raccolta delle firme. Queste le motivazioni che hanno portato un gruppo di elettori ed elettrici democratici della Sardegna a presentare al Tar un ricorso col quale impugnano l’atto di proclamazione degli eletti effettuato il 23 marzo scorso dalla Corte d’appello di Cagliari.
“Contestiamo il numero dei voti necessari, il 40 per cento, per avere il premio di maggioranza”, ha spiegato l’avvocato Andrea Pubusa, “abbiamo messo in evidenza anche che il 40 per cento viene valutato su chi ha votato, non sull’intero elettorato, quindi noi abbiamo il premio del 60 per cento a presidenti che come voto reale dei sardi hanno avuto poco più o poco meno del 20 per cento, è proporzionato”. “Irrazionale”, secondo chi ha presentato il ricorso, “anche il voto disgiunto”.
Un altro ricorso, che non ha portato a nessun risultato, è stato presentato anche nel 2014 ma il comitato ha deciso di presentarne uno analogo, riproponendo le stesse perplessità e disaccordi. Certo è che nessuno rischia di perdere la poltrona. “In linea astratta sarebbe possibile ma in linea concreta se gli atti venissero rinviati alla corte, prima del pronunciamento il Consiglio regionale farebbe una nuova legge e questo renderebbe improcedibile il ricorso perché la corte non si potrebbe pronunciare su un ricorso che non esiste più”. Prossimo appuntamento mercoledì 26 quando il Tar discuterà il ricorso contro la legge elettorale.