LA RIVOLTA. Parla in sardo. Non perché lo stabilisce il protocollo. Ma solo perché è sardo, pastore e arrabbiato. Quello di Nenneddu Sanna di Orune rischia di diventare il discorso simbolo della furia che sta montando nelle campagne della Sardegna: contro gli industriali che pagano il latte 40 centesimi al litro, contro la Regione e i suoi enti che periodicamente dicono “sbloccati i premi” e poi non si capisce bene cosa abbiamo pagato, contro i grandi sindacati – qui è Coldiretti a finire sotto accusa – che organizzano iniziative in pompa magna e poi ringraziano i ministri per presunti risultati ottenuti. Ma anche contro le tipiche invidie sarde, le chiacchiere da bar: si tende a dividersi, perché “Felice (Floris, ndr) l’hanno pagato, Nenneddu l’hanno pagato, Gianuario così,Marieddu cosà” eccetera. Consonanti aspirate, qualche passaggio in italiano, durante questo intervento a Pattada, in un incontro del Movimento pastori sardi che sembrava essere scomparso dalle scene. Invece per il 27 c’è un’altra convocazione a Semestene, per decidere “immediate azioni di protesta”.
Illuso, o non aggiornato, chi pensa esistano ancora difficoltà di comunicazione: i gruppi dei pastori sui social network sono pieni di messaggi. Gli allevatori si confrontano, si dividono, litigano. Ma tutti la pensano allo stesso modo: il pastore è alla fame. Anche negli ovili, finito di mungere si prende in mano lo smartphone. E si condivide la rabbia.
Quando in passato il Mps si è organizzato ha portato diecimila allevatori a Cagliari che per giorni hanno presidiato il consiglio regionale, ha bloccato porti e aeroporti, a Civitavecchia come in via Roma si è scontrato con la polizia e i processi non si sono ancora chiusi.
Il fronte si sta per riaprire. E nessuno pare si voglia – o si possa – permettere di rimanere a mani vuote.