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Senza green pass, rientro in Sardegna da incubo per una mamma: l'umanità dimenticata

Veronica-Erdas

CAGLIARI. Doveva rientrare dalle Canarie. E non aveva il green pass. Così uno scalo intermedio a Bergamo ha fatto iniziare un incubo per Veronica Erdas, sarda di Villasimius. Nella vicenda c'è una pecca di fondo: per viaggiare in Italia serve la certificazione verde. Ma la complessità delle norme ha contribuito a trasformare il viaggio in un inferno. E la mancanza di umanità generalizzata ha peggiorato le cose. Riceviamo e pubblichiamo la sua storia. 

 La mia disavventura è iniziata il 18 Gennaio, ma prima di raccontarvela è bene precisare che avevo acquistato i biglietti per le Canarie in data 30 Novembre e solo dopo un mese sono state comunicate nuove restrizioni sugli spostamenti nel territorio nazionale per i soggetti non vaccinati.
Il 18 Gennaio sono partita da Corralejo (FVT) per fare ritorno a casa. Uno scalo a Bergamo, perché non c'era un collegamento diretto con la Sardegna.
Prima di partire ho effettuato il tampone antigenico (con esito negativo) come richiesto nel dPLF compilato e inviato il giorno prima (da notare che ho ricevuto il qr code sulla mail, quindi, essendo un documento emesso dall’Autorità Sanitaria, sono partita serenamente).

Alle 16 circa sono atterrata a Bergamo, alle 19 ho fatto i controlli e prima di accedere al controllo di sicurezza un’addetta mi ha richiesto il Green pass.
Ho mostrato il foglio del tampone e ho ottenuto il lasciapassare. Mi sono diretta al gate e dopo alcune ore è iniziato l’imbarco. Mi sono stati richiesti richiesti dPLF, carta d’imbarco e green pass.

Ho consegnato tutta la documentazione ma appena il personale della compagnia (Ryanair) ha notato che si trattava di un tampone e non di un “passaporto vaccinale” mi ha detto: “lei non può partire, questo non è valido dal 10 Gennaio”.
Ho capito subito quello che stava succedendo e ho cercato di far notare che nella documentazione richiesta nel dPLF, tra le varie opzioni, c'era scritto che sarei potuta rientrare in Italia con tampone antigenico, purchè al ritorno avessi garantito 5 giorni di autoisolamento (per poi sottopormi ad un tampone il sesto giorno).

Niente da fare, gli assistenti erano irremovibili e hanno iniziato a rivolgersi a me in maniera antipatica, dicendo che le mie parole non valevano nulla confronto alla legge emessa da Draghi, pertanto, se avevo qualcosa da contestare dovevo telefonare personalmente a lui (sgomento).
Ho cercato invano di parlare con un responsabile Ryanair, ma gli assistenti dicevano che nessuno doveva parlare con me riguardo la loro decisione.
La decisione era presa, dovevo stare a terra.

In quel momento sono passati poliziotti, mi sono rivolta a loro che non si spiegavano quanto stesse accadendo.
Mi hanno fatto alcune domande e poi hanno affermato di non avere alcun potere a riguardo.
Non potevano intervenire.

Mi sono rivolta per l’ultima volta alla Signorina che si apprestava a chiudere il gate dicendo : “ho una bambina diabetica da seguire a casa, solo io o il padre possiamo seguirla perché ha una terapia di microinfusione, la prego mi faccia partire!”

La sua risposta è stata una grassa risata. Una risata che mi ha lacerato il cuore e mai avrei voluto sentire come risposta.

La mia amica, munita di super green pass, è partita a malincuore contro il suo volere, io sono rimasta lì, ad osservare il mio aereo partire.
Sono scoppiata in un pianto di disperazione, arresa.

In quel momento dovevo pensare a come muovermi, avevo pochissimi soldi con me e un tampone che sarebbe scaduto la mattina successiva.
Insieme a me sono rimasti a terra una coppia di sardi, lui vaccinato, lei no. Stessa identica storia. Ancora dentro gli imbarchi, ho chiamato il 112 ben due volte e mi hanno comunicato che avrebbero mandato una pattuglia per assistermi e consegnarmi un modulo. nel caso non fosse arrivata a breve sarei dovuta uscire dagli imbarchi e recarmi alla stazione della polizia di frontiera situata proprio all’uscita dell’aeroporto.

Ho atteso ben mezz’ora ma nulla.

Ho raccolto così le forze e mi son diretta verso l’uscita. Proprio davanti alla porta della polizia di frontiera ho incontrato la coppia di sardi che parlava coi polizotti, sempre gli stessi. Niente da fare, abbandonati a noi stessi, nessuna tutela, nessun supporto, niente di niente.
Ci è stato consegnato il modulo per i reclami, l’uffico Enac però era chiuso, bisognava attendere sino al mattino successivo (non riusciremo mai a farci ricevere perchè l’ufficio risulterà chiuso sino alle ore 15). Ormai esausta ho contattato la mia famiglia comunicando il disagio, il telefono ormai scarico e nessuna presa per ricaricarlo. Ho trovato solo un totem a pagamento, fuori uso.

Mi son recata al bar per chiedere di poter ricaricare il telefonino, spiegando la mia situazione ma nulla. Per ricaricare il telefonino bisognava esibire il super green pass. Stomaco chiuso, stanca, impotente mi sono arresa.
Impossibile utilizzare mezzi pubblici, prendere una camera in hotel o stare semplicemente seduta al tavolo di un bar.

Alle 24 sentivo la stanchezza travolgermi ma non riuscivo a dormire. Le sedute dell’aeroporto erano scomodissime e l’ambiente intorno a me non era dei migliori: barboni ovunque, gruppi di albanesi e rumeni che non si capiva se fossero lì per trascorrere la notte o in attesa di un volo che facevano un gran casino.
Ho provato a spostarmi ma l’aeroporto era chiuso per metà, ero quindi costretta a stare lì. 

In quel momento sono stata assalita da una forte agitazione e ho capito che stavo entrando in una situazione di panico.

Mi sono recata alla polizia di frontiera implorando aiuto, mi hanno detto di rivolgermi al medico. Mi sono recata dal medico, il quale in tono seccato mi ha detto: “l’unica cosa che posso fare è somministrarle 10 gocce di Valium”.

Sono rimasta interdetta, ho spiegato che non ho mai assunto ansiolitici e 10 gocce mi sembravano troppe!

Ero sola in aeroporto e avevo paura di assumere una così alta quantità di Valium.

Il medico mi ha riaccompagnato alla porta e mi sono ritrovata in compagnia di panico e valigie.

Dopo alcune ore ho trovato due sedute libere, dalle 4 del mattino alle 9 ho cercato di riposare.

La mattina seguente assetata, mi sono recata al bar, dove mi è stato richiesto il super green pass. Consapevole della normativa ho fatto notare alla barista che senza il super green pass non potevo stare al banco o al tavolo ma potevo comunque acquistare e andar via.

Sono riuscita così a prendere una bottiglia di acqua.

Poco dopo ho incontrato la coppia di sardi che ha affrontato come me una notte burrascosa.

Ci siamo uniti e abbiamo iniziato a fare mille telefonate: polizia, finanza, carabinieri, ambasciata, ma niente, nessuno poteva aiutarci.

Dopo mille ricerche abbiamo capito che l’unico modo per tornare a casa era quello di uscire dall’Italia e prendere un collegamento per Cagliari.

Avevo pochissimi soldi con me, ho contattato amici e famiglia che subito mi hanno inviato denaro sufficiente per affrontare questa situazione. E se non avessi avuto il loro appoggio?

Malpensa Barcellona era l’unico volo disponibile, ma come potevamo arrivare a Malpensa senza super green pass?

Mi sono sentita nuovamente morire.

Il compagno della ragazza sarda doveva recarsi in Svizzera per lavoro e, per fortuna, è riuscito ad accompagnarci in aeroporto. Abbiamo effettuato nuovo tampone, compilato di nuovo tutta la documentazione per rientrare in Spagna e, con molta ansia e paura, siamo riuscite a superare tutti i controlli sino all’imbarco. Siamo arrivate a Barcellona alle 19,30 circa, abbiamo preso un ostello e siamo riuscite finalmente a mangiare un pasto caldo dopo 24 ore!

È stato il pasto più buono della mia vita! 24 ore di attesa, poi avremmo dovuto imbarcarci con la Grimaldi per arrivare a Porto Torres. Nuovo tampone negativo, ma sempre viva era la paura, il terrore di rimanere bloccate un’altra volta.

La sera seguente per fortuna tutto è andato secondo i piani, siamo riuscite ad imbarcarci!

La nave ha fatto ritardo, non vedevo l’ora che salpasse perché solo allora avrei avuto la conferma di rientrare a casa!

Nonostante il grande ritardo, alle ore 16,30 siamo arrivate a Porto Torres, dove ad attenderci c’era un amico che è venuto a prenderci da Villasimius.

Difficile spiegare l’emozione provata non appena son scesa dalla nave. Mi son sentita libera, ma so di non esserlo veramente, come non lo è nessun sardo e nessun abitante delle isole (anche quelle minori) finchè la norma imporrà tali follie.

Avrei dovuto effettuare la quarantena a partire dal mio rientro a casa il 18 gennaio (secondo il dplf compilato in data 17 gennaio avrei dovuto trovarmi a casa a partire dal momento del rientro), invece l’ho trascorsa in giro tra Italia e Spagna, violando quindi l’autoisolamento e non certo per mia volontà! Ora mi trovo a dover fare altri 5 giorni di quarantena senza poter rivedere mia figlia.

Questo episodio mi ha dimostrato che la Costituzione Italiana è pari a carta straccia, così anche i diritti legati alla libertà di circolazione, palesemente violati da questa norma.

Mi ritrovo ora ad aver perso un volo pagato, volo che non avrei mai dovuto perdere perché avevo seguito tutte le richieste del dplf (allego link di modo che voi stessi possiate compilarlo per vedere cosa viene richiesto), ma è assurdo inoltre il solo pensiero che ad un cittadino italiano venga privato il diritto di circolazione su territorio nazionale perché privo di super green pass ma munito di tampone antigenico!

Inoltre ho dovuto fare due tamponi extra, pagare volo, traghetto, metropolitana, bus e pasti. Tutte spese non programmate.

La cosa che più fa male è la paura che mi è rimasta dentro. Quella sensazione di terrore, di non sentirmi più al sicuro. La paura data dalla consapevolezza che in casi simili non ho nessuna tutela. Abbandonata durante un attacco di panico, trattata come fossi una bestia.

Ho sempre viaggiato e una cosa simile non mi era mai capitata.

Spero che qualcuno possa aiutarmi a far fronte a questa spiacevole esperienza, sono una semplice mamma, forse per lo Stato sono un puntino inesistente, ma in realtà quel puntino è molto di più e possiede dei diritti inalienabili su cui ci si dovrebbe soffermare con più attenzione.

Prigioniera nella mia stessa Patria per 24 ore mi domando: “Sono davvero una cittadina italiana? Dove sono finiti i miei diritti?

Veronica Erdas