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Sì spiagge, no bagni in Sardegna. Ma chi multa? Sulla base di quale norma?

Mare

 

 

CAGLIARI. Meno male che è arrivato il brutto tempo, sennò chissà che caos in Sardegna. Si può andare in spiaggia ma non si può fare il bagno, anche se non c'è scritto da nessuna parte, se non su un lancio d'agenzia che fino a prova contraria non ha potere di norma cogente. Quindi un tuffo non costituirebbe violazione. Ma se uno lo fa, sfidando il maltempo, può essere multato? La risposta, codici alla mano, è no. Ma adesso diventa: boh, è un rischio. Forse. 

Prima era #IoRestoaCasa. E lo hanno fatto tutti. Anche perché c'era un decreto della presidenza del consiglio che lo imponeva. E a questo si sono aggiunte ordinanze regionali e comunali, che hanno fatto da corollario e in certi casi hanno segnato in maniera più netta e restrittiva i limiti delle libertà costituzionali di ciascuno. L'Italia era chiusa in casa mentre fuori (anzi: più dentro ospedali e case di riposo che in strada) imperversava il coronavirus. 

Poi è arrivata la Fase 2. Nuovo decreto, altre ordinanze fino al livello municipale. Il virus c'è ancora ma intanto è stato  riaperto qualcosa. Si esce,  ma la concessione in più è solo per incontrare i congiunti. A febbraio gli italiani erano tutti virologi, a marzo tutti economisti e ad aprile sono diventati tutti parenti, dopo un'infarinatura di diritto di famiglia. Anche se nei testi legislativi il termine "congiunti" compariva solo nel codice penale, in riferimento al favoreggiamento dei rei di banda armata (art. 307). C'era, comunque, anche se con qualche perplessità che ha reso necessaria un'interpretazione autentica, un testo di riferimento per capire cosa si potesse fare e cosa no. 

Ora c'è la Fase 2 e mezzo. Quella del "liberi tutti", ma con prudenza. Mascherine e distanze, poi vediamo come va a finire: è un po' quello che ha detto il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia. Ancora a dettare le regole c'è un decreto, quello di Conte firmato domenica 17 maggio. Al quale si aggiungono le ordinanze regionali (più quelle, marginali, dei sindaci). La Sardegna ha la sua dalle 00,59 del 18 maggio. All'articolo 15 si legge che "A decorrere dal 18 maggio è consentito l'accesso alle spiagge libere e agli arenili". 

La svolta: si può tornare in spiaggia, senza che un elicottero squarci il silenzio con una cover pandemica  dell'intro di "The happiest days of our lives" dei Pink Floyd. "The Wall", per i meno appassionati. 

Ma poi: 18 maggio, in serata, la dichiarazione del presidente della Regione Christian Solinas che precisa: "Spiagge, sì all'accesso. Per la balneazione si vedrà". Il presupposto, si immagina, è che le spiagge - col bel tempo che non c'è -  costituiscano attrazione, quindi il rischio di assembramento se si concede la nuotata a grandi e piccini diventa alto. Non sono ancora state redatte le linee guida per la fruizione degli arenili, c'è un grosso problema di gestione.

Un ragionamento che può avere il suo fondamento. Ma nel testo dell'ordinanza non c'è scritto. Si legge, invece, che per tutto ciò che non è regolamentato si rimanda al Dpcm contiano e ai relativi protocolli allegati. Tra questi ci sono anche quelli che riguardano la fruizione degli arenili. E da nessuna parte c'è scritto che se ci si bagna si viola un divieto. 

C'è un principio giuridico, detto di libertà, secondo il quale ciò che non è vietato è concesso. Salvo che la lacuna normativa non venga colmata dall'interpretazione estensiva o analogica di altre norme esistenti. Il no al bagno al mare, però, non si trova altrove. Quindi, in teoria, è permesso. Il bagnasciuga è più un confine ideale che di legge. 

Ma chi avrà la forza d'animo di fare un discorso così lungo a un Forestale?