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Da Seulo a Torino, inaugura il "Caffè Sardegna" ma arriva il virus: "Ora rischiamo di chiudere"

 

 

 

TORINO. Quando decidi di aprire un bar nel momento sbagliato. I risparmi di una vita li investi per realizzare un sogno, quello di aprire un’attività tutta tua. Poi arriva il coronavirus. E devi chiudere. Perché il governo ha - giustamente - imposto le restrizioni per combattere la diffusione del virus.  

Baristi, ristoratori, estetiste, parrucchieri: in tanti si trovano in questa situazione ma per Alessandra Agus, 39enne di Seulo, è ancora più difficile. 

Alessandra dal 2014 vive a Torino con suo marito e i due figli, dove il 22 febbraio scorso ha aperto il suo “Caffè Sardegna” ma, neanche il tempo di festeggiare l’inaugurazione, dopo tre settimane ha dovuto abbassare le serrande. Continua a pagare spese di gestione, bollette, affitti, e non ha idea di come riuscirà ad andare avanti. L’affitto mensile del locale ammonta a 1.000 euro e senza incassare un euro è difficile trovare i soldi per pagarlo regolarmente. 

E il bonus da 600 euro? Il governo ha comunque previsto delle misure per aiutare i titolari di partita Iva a non soccombere in questo difficile momento. “Ho fatto domanda per il bonus da 600 euro ma ancora non arriva”, spiega Alessandra. E il finanziamento da 25mila euro? “Niente da fare. Abbiamo fatto richiesta in banca ma è stata respinta. Perché siamo una nuova partita Iva quindi non hanno uno storico per poter capire i nostri guadagni”.

Il futuro è incerto - “Dal nove maggio possiamo riprendere a lavorare con l’asporto”, fa sapere Alessandra. “Ci proviamo e vediamo come va. Poi aspettiamo il primo giugno quando forse potremmo riaprire al pubblico. Ma se vediamo che non va avanti molliamo e chiudiamo l’attività”. 

La possibilità di tornare a lavorare normalmente si fa sempre più sfocata, l’unica certezza sono i debiti. Per il momento non resta che aspettare e sperare che il coronavirus passi in fretta.